TORINO, SALE LA FEBBRE PER IL DERBY CITTADINO


Si gioca all’Olimpico
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28/09/2013 -

Eccoci qui a respirare ancora aria di derby. Si gioca all’Olimpico di Torino, quello che prima delle Olimpiadi si chiamava Stadio Comunale. Torino e Juventus sono pronte a duellare e l’attesa per il derby torinese sta per finire. Ancora poche ore e si accenderanno i cuori dei tifosi granata e bianconeri. Dietro ogni partita c’è una storia, ma la storia del derby di Torino è una cosa a parte, un qualcosa che sfugge al semplice incontro di calcio e che si riflette su una città in cui vivono due realtà sostanzialmente diverse per cultura e tradizione. Da una parte la Vecchia Signora con la sua antica aristocrazia della casata Agnelli che è simbolo di potere, dall’altra la parte più proletaria, sanguigna, passionale, romantica sponda granata che ricorda in ogni occasione e con senso di orgoglio i fasti del Grande Torino di capitan Valentino Mazzola. Sono due modi diametralmente opposti di vedere il pallone cittadino che si manifesta attraverso uno status sociale, piuttosto che in un effettivo incontro di calcio dai connotati tecnici da esaminare attentamente. Il divario finanziario tra le due società è imbarazzante. Mentre la Juve vanta notevoli possibilità economiche con il suo Stadium di prima proprietà privata in Italia, il moderno centro di allenamento di Vinovo, il suo museo all’interno dell’Area 12, i prossimi investimenti nella mega area della Continassa per costruire la nuova sede e il campo di allenamento della prima squadra e, come se non bastasse ancora, aggiunge il legittimo orgoglio dei suoi scudetti che la pavoneggiano in ogni occasione. Il Toro risponde più sommessamente con il suo Filadelfia indegnamente rasato al suolo e mai ricostruito, con la sua incantevole storia degli “Invincibili” fatta di vittorie strepitose, ma anche di malinconie e disgrazie che negli anni gli hanno dato la forza di controbattere comunque il potere juventino anche attraverso quel derby cittadino che resta pur sempre il significato più importante per il popolo granata. Chi non vive la storia del pallone della città di Torino, non può capire il significato profondo di vincere il derby. E, mentre ci si prepara alla stracittadina, gli animi si accalorano gli uni contro gli altri. La Juve e i suoi sostenitori hanno i favori del pronostico e pensano di vincere non solo per consolidare la loro posizione in classifica ma, soprattutto, per conquistare quel terzo scudetto consecutivo che farebbe il primato della sua storia. Il Toro e il popolo granata, invece, aspettano da sempre e con ansia questo particolare appuntamento del pallone torinese, proprio per dimostrare ai tifosi bianconeri che la curva maratona e i suoi tifosi non sono inferiori a nessuno. Ma per loro ci sono motivazioni ed emozioni i cui connotati romantici vanno al di là di ogni logica tecnica che li vede obiettivamente inferiori. Ci sono cose amabili nei sentimenti reconditi del tifoso del Toro, c’è la sfida del povero contro il ricco, c’è la differenza tra chi vince sempre e chi non è abituato a calcare certi palcoscenici calcistici europei importanti, c’è la voglia passionale di buttare in campo il cuore oltre l’ostacolo senza risparmiare energie di sorta. Poi, quello che verrà, verrà, e sarà tutto premiante per gli undici granata che affronteranno “l’odiata” Juve se, comunque vada il risultato finale, sapranno fare il loro dovere ed uscire dal campo con la maglia intrisa di sudore. Questo è il sentimento romantico cui è legato il popolo granata nei confronti dei suoi giocatori, della sua squadra, della sua storia, della sua bandiera che sventola orgogliosa e si lega sempre al cuore. Ma gli aristocratici cugini bianconeri non ci stanno, loro vogliono vincere in maniera più cinica, concreta, senza fronzoli alcuni per potere dire al mondo che la Torino del pallone è bianconera e non granata. Ma questo, si sa, è un argomento scottante che i granata non accettano perché ritengono che sia statisticamente provato che i tifosi del Toro a Torino superano numericamente quelli bianconeri, i quali però, vantano invece l’assoluto tifo in campo nazionale. Due mondi diversi dunque, due modi opposti di vedere il pallone che rotola in mezzo al campo inseguito da maglie bianconere e granata con motivazioni sociali opposte che ben si addicono alla storia dei due club cittadini. Suonano le trombe dunque tra Piazza d’Armi e Corso Agnelli, la zona di Torino in cui sorge lo Stadio Olimpico. Il derby di Torino sta per cominciare. Ci saranno i sani sfottò che faranno da corollario indispensabile alla splendida cornice data dalla cromatura di colori granata e bianconeri, i quali invaderanno gli spalti di quel meraviglioso palcoscenico che si chiama stadio dai mille vecchi ricordi del pallone torinese in cui aleggiano ancora gli screzi tra Sivori e Ferrini; due calciatori che non si può proprio dire che si amassero profondamente. Dunque, sarà un mezzogiorno incandescente, dove neanche la voglia del panino potrà sostituirsi al desiderio di vincere quel derby della città sabauda che, nonostante la sua storica signorilità, non può fare a meno di essere sanguigna almeno in questa occasione del pallone cittadino. Sì, perché il derby è sempre il derby, con i suoi sfottò talora feroci e il desiderio di superarsi vicendevolmente. Altrimenti, se non fosse così, che partita sarebbe senza il sale della sana rivalità sportiva?

Salvino Cavallaro                            

 

 

 

 

Salvino Cavallaro