La 21ma giornata di Serie A (seconda di
ritorno), ha riservato colpi di scena e molti spunti di carattere tecnico –
tattico da analizzare. Pareggia il Napoli di Carletto Ancelotti a San Siro
contro il Milan di Gattuso, con un risultato a reti bianche che non fa brillare
né l’una, né l’altra squadra. All’inaspettata batosta interna del Bologna che
perde 4 a 0 contro il modesto Frosinone e sentenzia l’allontanamento di Pippo
Inzaghi con il ritorno sulla panchina felsinea di Sinisa Mihajlovic, si
evidenzia la vittoria in casa per 4 a 0 della Sampdoria contro l’Udinese, con
un Quagliarella stratosferico che alla veneranda età di 36 anni continua a fare
gol a grappoli e si propone come prossimo attaccante della Nazionale di Mancini.
Intanto l’Atalanta di Gasperini conferma il suo momento di grazia pareggiando 3
a 3 contro la Roma di Di Francesco, recuperando 3 gol al passivo subiti nel
primo tempo e sbagliando addirittura un rigore con Zapata. Fuori casa vincono
Fiorentina e Spal, rispettivamente contro Chievo e Parma, mentre il Sassuolo
che si posiziona a 29 punti in classifica, fa suo il match con un rotondo 3 a 0
che fa preoccupare il Cagliari. E mentre si attende il risultato del posticipo
del monday night Empoli Genoa, facciamo un’analisi più approfondita per quanto
riguarda le partite Lazio – Juventus e
Torino – Inter.
Lazio –
Juventus.
Da dove cominciamo? Se vogliamo parlare di calcio diciamo di avere visto per
tutto il match una sola squadra in campo: la Lazio di Simone Inzaghi. Se invece
vogliamo parlare di tutto quello che vuol dire “non calcio”, allora diciamo che
la Juventus ha vinto immeritatamente per 2 a 1, disputando la più brutta
partita del campionato in corso. E, mentre la Lazio ha disputato la partita
della vita con bellissime trame di gioco, grande furore agonistico e capacità
di non fare ragionare la Juventus dei suoi tanti campioni,i bianconeri di
Allegri hanno mostrato limiti atletici, innumerevoli errori in fase di
impostazione di gioco e un Emre Can
che solo il tecnico toscano vede nel ruolo delicato che di solito ricopre
Pjanic. Infatti, il calciatore tedesco di origine turca, non ha il passo né la
tecnica necessaria per posizionarsi davanti alla difesa e distribuire palloni utili
nella dinamica del gioco d’attacco della Juventus. Troppo ruvidi i suoi piedi
per affidargli un ruolo così delicato. Ma Emre Can non è stato il solo
calciatore insufficiente di una Juve in cui soltanto Szczesny si è conquistato la palma di migliore
in campo. Chiaro, dunque, come la Juve che ha perso pure Bonucci per un
infortunio che lo terrà lontano dal campo per un mese, sia stata per quasi
tutta la partita in balia di una Lazio pimpante che, dopo essere andata in
vantaggio grazie a un’autorete di Emre Can, ha fallito il raddoppio con
Immobile. I biancocelesti hanno seriamente messo alle corde la Juventus che
oltre a non sapere reagire, ha mostrato certi errori grazie anche ad Allegri, il
quale ha capito tardi di avere sbagliato formazione. I bianconeri, infatti, non
hanno vinto un contrasto, non hanno saltato l’uomo, non hanno sfruttato a sufficienza le fasce
laterali e persino CR7 è risultato non pervenuto. Poi, dopo avere sostituito Matuidì
con Bernardeschi e Douglas Costa con Cancelo la Juve ha pareggiato i conti, prima
con Cancelo e poi ha vinto il match grazie ad un rigore calciato da CR7, per un
ingenuo atterramento di Cancelo in area di rigore ad opera di Lulic. Che dire? Dopo
quanto visto di così squallido calcio, la Juventus ha allungato pure il suo
vantaggio portandosi a + 11 dal Napoli che la segue al secondo posto. Tutto ciò
è semplicemente disarmante se visto nell’ottica del non merito, tuttavia,
bisogna anche dare atto alla Juve di essere risuscitata a sovvertire il
risultato proprio nel match più brutto del suo campionato. E’ questione di
carattere. Anche così si raggiungono i grandi traguardi.
Torino –
Inter.
Vincono i granata di Mazzarri con un gol di Izzo, ma l’Inter dov’è? E se questa
non è la vera Inter di Spalletti, che cos’è? Dire che i nerazzurri sono apparsi
lontani da ogni logica di gioco, da ogni idea che potesse dare un senso a una
squadra che punta al terzo posto per entrare in Champions League, è quasi un
eufemismo. Tuttavia, la scarsezza mostrata sul campo dalla squadra di Spalletti,
non deve sminuire l’importante vittoria di un Toro che, pur non avendo
disputato la partita della vita, ha saputo dare aggressività a una manovra che
ancora oggi risente della mancanza di gol dei suoi attaccanti Belotti e Zaza. Con
questa vittoria i granata hanno saputo onorare al meglio i 100 anni dalla
nascita di capitan Valentino Mazzola, ma sanno benissimo che adesso comincia il
loro campionato. Infatti, il desiderio di entrare in Europa League ha un solo
scopo: quello di ritrovare la continuità di gioco e risultati a partire dalla
prossima partita che i granata giocheranno a Ferrara contro la Spal. Ma
ritornando all’Inter di Spalletti, possiamo dire di ricavare sempre la
sensazione di una squadra incompiuta, senza anima e molto preoccupata per il
rinnovo del contratto di Icardi piuttosto che per le bizze di Perisic, il quale
ha dichiarato apertamente di volere cambiare squadra. Tutte situazioni che
distolgono i pensieri dal campo e s’intersecano tra mille cose che non possono
essere gestite in maniera ordinata. Pensiamo che Beppe Marotta avrà il suo daffare per mettere ordine in una società
che dà segni di nervosismo. E poi c’è la parte tecnica da rivedere. Sì, perché se
è vero che i calciatori dell’Inter hanno le loro responsabilità per questa
discendente situazione di gioco e risultati, è altresì vero che Spalletti non
mostra di avere le idee chiare da allenatore di una grande squadra, qual è l’Inter.
Troppe volte lo vediamo camminare davanti alla panchina a testa bassa. Su e
giù, guardando quel tappeto verde in cui gli sembra di trovare una soluzione per
illuminare qualcosa che non c’è. Contro il Toro, Spalletti si è presentato con
un inedito 3-5-2, lasciando fuori Perisic e inserendo Lautano Martinez in
appoggio a Icardi. Ma l’idea tattica non ha sortito alcun vantaggio, anche per
i troppi errori commessi dal mediocre Joao Mario, Brozovic, Vecino e poi da
Dalbert e D’Ambrosio, i quali attraverso le folate offensive, avrebbero dovuto
dare linfa a un attacco opacizzato da pochissime opportunità da gol. C’è dunque
ancora molto da fare in un’Inter ancora troppo lontana dal suo standard da grande
squadra. Noi pensiamo a una mini rivoluzione estiva, che inizierà probabilmente
con la sostituzione sulla panchina di Luciano Spalletti. Un allenatore
filosofo, ma forse poco adatto a imprimere quel mordente e quella foga
agonistica che la sua squadra dimostra di non avere.
Salvino
Cavallaro
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