ALDO AGROPPI: “IL TORO? SBAGLIA TROPPI RIGORI”


Intervista ad uno dei grandi rappresentanti della storia del Torino
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Torino, 09/02/2017 -


Toscano di Piombino (Li), lingua sciolta e senza peli, Aldo Agroppi è l’emblema di verità scomode dette sempre senza freni inibitori. Con lui abbiamo parlato del Toro e del suo momento difficile, ma abbiamo volutamente toccato altri temi come il campionato di calcio, la Juve e le relative polemiche dell’Inter, piuttosto che Sanremo e il suo festival. Ma abbiamo anche fatto cenno alla prossima uscita del suo libro intitolato “Non so parlare sottovoce”. Insomma di tutto un po’, in questa intervista che stuzzica la curiosità.     

Aldo, che idea ti sei fatto di questo Toro?

“E’ un Toro che sbaglia i rigori e continua a buttare via dei punti. C’era la speranza di vedere una leadership dettata da qualche giocatore in più, tipo Ljajic. Ma questo non si è visto e così siamo ricaduti nella mediocrità”.

Se ci sono delle colpe, a chi le attribuisci?

“Non saprei dire. Quello che invece posso dirti che seguo marginalmente il calcio. Pensa che non riesco neanche più a vedere una partita per intero in televisione. Preferisco assistere ai gol e alle immagini che riportano spezzoni di partita. Quindi, per me è molto difficile rispondere alla tua domanda, anche perché sarebbe giusto, prima di parlare, essere dentro all’ambiente, vivere le giornate di allenamento e gli umori dello spogliatoio. E’ un fatto di correttezza, per questo ribadisco ciò che vedo da lontano, e cioè un Toro che ha cominciato bene ma che adesso si trova a metà classifica.”

Cosa ti piace e cosa non ti piace di Mihajlovic?

“Non lo conosco personalmente. Non gli ho mai parlato e non so cosa dice nello spogliatoio. Per me gli allenatori sono tutti uguali, perché contano il 20%. L’importante è avere dei giocatori validi e una squadra che abbia un alto tasso tecnico da poter gestire al meglio. Provate a dare al fenomeno Conte la squadra del Crotone; cosa farebbe? E quindi sono i giocatori che contano.”

Il Filadelfia che sta per rinascere, un’aria granata che sembra più respirabile rispetto a prima, allenatore nuovo e giocatori nuovi. Tuttavia, il risultato non cambia mai e siamo sempre alle solite. Perché?

“Ma dove sono i Graziani, Pulici, Claudio Sala, Zaccarelli, Pecci. Dove sono? Oltre Belotti non vedo grandi calciatori che possano fare la differenza in una squadra che ha desiderio di primeggiare. Diciamocelo pure, la qualità non è eccelsa. Certo, se fossero andati a segno quei calci di rigore sbagliati, il Torino avrebbe avuto 4 o 5 punti in più in classifica, senza tuttavia cambiare la sostanza di una squadra senza grandi campioni.

Parlando di calci di rigore sbagliati, perché nel Toro non si stabilisce la gerarchia che altre squadre hanno? E’ positivo il gesto di prendere il pallone, carpirlo ai compagni e metterlo sul dischetto per tirare?

“Sono gli allenatori che decidono chi deve tirare i calci di rigore, già durante gli allenamenti della settimana. Spesso succede che sbagliano, com’è capitato a Belotti all’inizio di campionato. Quindi, il giocatore stesso non si sente più in grado di tirarli e così si decide di assegnare ad altri il compito. Ma, a quanto pare sia Ljajic, sia Iago Falque, continuano a sbagliare. Certo, è difficile dire perché. Evidentemente c’è un problema di timore che si è venuto a creare per mancanza di tranquillità.”

Pensi che il Torino sia destinato a non eccellere mai?

“Quando c’erano Cerci e Immobile, se non sbaglio la squadra aveva fatto un buon campionato e la società aveva ottenuto considerevoli incassi economici. Poi, tutto è cambiato. Sono annate che vanno e che vengono, perché manca la continuità di proseguire la giusta strada intrapresa. E’ un po’ come cominciare e ricominciare, che è la cosa più difficile da fare. Sento le stesse cose a Firenze, dove non vedo grandi calciatori come non li vedo al Toro. Voglio dire che le società fanno quello che possono, ma poi sul campo ci vanno i calciatori.”

Senti Aldo, pensi che la Juve ha già vinto il campionato?

“Credo che debbano già pensare al prossimo.”

Cosa mi dici delle feroci polemiche che ci sono state dopo la partita Juventus – Inter? Pensi che i due rigori che non sono stati dati dal signor Rizzoli, dovevano essere concessi?

“Non ti so rispondere perché la Juve non la guardo. E poi, ti sembrerà strano, ma come ti dicevo prima mi sono distaccato dal calcio. Questa, comunque, è storia vecchia. Diciamo sempre le stesse cose da anni e non cambia mai nulla.”

So che hai scritto un nuovo libro che dovrebbe uscire a maggio, il cui titolo è: “Non so parlare sottovoce”. Ci puoi dare qualche anticipazione?

“Al momento mi sembra opportuno non dare alcuna anticipazioni, perché l’Editore, che è Cairo, sta vagliando i contenuti di ciò che ho scritto. Diciamo che il titolo è l’unica cosa sicura di questo libro, composto da tanti paragrafi che delineano molte situazioni della mia vita. E’ un libro cui tengo davvero tanto e mi auguro che possa essere pubblicato e presentato nel prossimo mese di maggio.”

Tu che sei un estimatore di canzoni e che ami Mina, Lucio Battisti, Modugno e altri che hanno accompagnato la tua generazione e fatto la storia della canzone italiana, stai seguendo il Festival di Sanremo?

“Il Festival di Sanremo è diventato un baraccone. Io sono rimasto a Domenico Modugno, Claudio Villa, Celentano, Peppino Di Capri. Oggi è diventata la passerella delle scosciate e dei cantanti che presentano canzoni che fra 50 anni non le ricorderà più nessuno.”

Senti Aldo, se per ipotesi un giorno dovessi vedere il Torino primo in classifica, ti piacerebbe vederlo giocare come il Napoli di Sarri?

“Devo dirti che il Torino di Radice non era meno bello e forte di questo Napoli. Certo, la bellezza del gioco che applica Sarri in un Napoli fatto di giocatori tecnicamente validi e veloci, è indubbia. Ma se questa squadra trova delle compagini come il Palermo che è stato capace di essere attento alle ripartenze degli avversari, costruendo una ragnatela a centrocampo, allora il Napoli va in difficoltà perché non trova gli spazi necessari che gli consentono di realizzare il suo gioco.”

Salvino Cavallaro



Salvino Cavallaro