ANCELOTTI, ORGOGLIO ITALIANO


“Il
merito è tutto suo, ha cambiato la mentalità, ha cambiato tutto”. A
parlare è Cristiano Ronaldo con una
frase emblematica che sa di ringraziamento al suo allenatore Carlo Ancelotti dopo la netta vittoria
per 4 a 0 inflitta al Bayern, all’Allianz Arena di Monaco. Una semifinale
incredibile, una gara che ha visto una sola squadra in campo; il Real Madrid
che ha dato lezione di praticità, esempio di un calcio che si può definire
semplice e al contempo pragmatico. Carlo Ancelotti da Reggiolo in provincia di
Reggio Emilia, dopo aver coronato un’ottima carriera da calciatore
centrocampista nelle fila del Reggiolo, Parma, Roma e Milan e dopo essere
entrato a far parte del Club Italia vestendo la maglia azzurra dal 1979 al
1991, ha intrapreso con successo la carriera da allenatore partendo dalla
Reggiana e poi nel Parma, nella Juventus, nel Milan, nel Chelsea, nel Paris
S.G. e adesso nel Real Madrid. Un’escalation di successi che fanno di lui uno
tra i più importanti personaggi del football italiano di tutti i tempi. Eppure
Carletto Ancelotti non ha avuto un buon inizio nella nuova veste di allenatore.
Ricordiamo quando si diceva di lui che era l’eterno secondo, un allenatore
destinato a non vincere mai. Erano gli anni in cui è stato allenatore della
Juventus dal 1999 al 2001. Due soli anni che non l’hanno mai visto vincitore,
ma con soli due secondi posti che non l’hanno mai fatto entrare definitivamente
nel cuore dei tifosi bianconeri i quali non gli hanno mai dimostrato grande
simpatia. Da lì in avanti sedendo le panchine di Milan, Chelsea, Paris SG e
Real Madrid, Ancelotti ha dato una risposta a coloro i quali non credevano in
lui, vincendo Campionati e Coppe sia in Italia che all’estero. Il tecnico
emiliano rappresenta davvero il vanto del calcio italiano, il made in Italy
capace di vincere col sorriso. Sì, perché sotto quell’aria eterna da pacioccone
buono, nasconde grandi capacità e conoscenze calcistiche che non sono
certamente inferiori a chi urla, sbraita ed è polemico con tutto e tutti. Forse
manca di esteriorità, di fumo, di quel niente che chissà perché troppe volte
entusiasma il mondo dell’informazione e la gente che preferisce l’inutile,
piuttosto che badare al sodo. Ebbene, Carletto Ancelotti è il simbolo
dell’allenatore capace di parlare coi fatti, di ciò che si conquista in campo
attraverso il sudore e la fatica, mica pizza e cozze. Forse pecca di capacità
nel sapere vendere la sua immagine attraverso il niente, quel nulla che si
traduce nell’effimero di tante parole inutili fatte di promesse e bla bla senza
fine, che tanto piacciono a noi media e a tante persone innamorate
dell’apparire piuttosto che dell’essere. Per Ancelotti c’è il lavoro, la fatica,
la serietà, l’impegno calcistico che si traduce in professionalità e tattica,
senza tuttavia rinunciare al divertimento del gioco. Con la sua ironia
intelligente si contrappone all’aggressività espressa da Mourinho, Conte e
altri suoi colleghi che fanno del calcio l’espressione del moto perpetuo che è
assillo e ricerca della perfezione allo stato puro. Due modi diversi di vedere
il calcio in un solo obiettivo da raggiungere: la vittoria. Oggi si dice di Ancelotti che è un allenatore
vincente che non ha bisogno di urlare e dichiarare guerra al mondo, ma sa
affondare le sue tensioni in una ironia che gli appartiene naturalmente e che è
capace di sdrammatizzare ogni piccolo o grande insuccesso che inevitabilmente
si incontra nella strada di ogni allenatore. Com’è strano questo mondo del
calcio e com’è capace di cambiare idea sui suoi personaggi, in base alle
vittorie ottenute o mai conquistate. Quanto sei bravo quando vinci e quanto non
vali nulla quando non vinci mai o poco. E’ la legge dei giudizi affrettati in
un mondo in cui non ha tempo di aspettare. Troppi sono gli interessi che gli
ruotano intorno e tanta è la superficialità con la quale si danno giudizi
affrettati, senza ponderare che per vincere nel calcio c’è bisogno di molte
componenti capaci d’intersecarsi fra loro e, non ultimo, poter contare su un
parco giocatori di grandi capacità tecniche e non comune intelligenza tattica.
Se questo non c’è, anche il miglior allenatore al mondo fallirebbe. E’ quello
che è successo in carriera anche a Carletto Ancelotti che, dopo aver dismesso
le scarpe da calciatore ha cominciato a fare l’allenatore quando tutti
pensavano che fosse destinato ad essere l’eterno secondo e che non avrebbe mai
vinto nulla. E chissà se qualche collega di allora, sarebbe ancora capace di
ripetere lo stesso giudizio nei confronti di questo serio allenatore che non ha
mai amato gli eccessi mediatici, i proclami e le false promesse, ancora oggi
che in finale di Champions League avrà la possibilità di conquistare la
“Decima” Champions League dei blancos del Real Madrid.
Salvino
Cavallaro