E’ il Live Motiv di Inter
Juventus che si giocherà a San Siro domenica sera, in uno stadio sold out e un’attesa
televisiva spasmodica che si fa davvero elettrizzante. Ma più che dell’antagonismo
antico del derby d’Italia che mette sempre in mostra veleni e ruggini dal
sapore vendicativo, questa volta possiamo parlare di Conte contro Sarri, ovvero
la ferocia agonistica V/S l’dea di calcio spettacolo. Molti sono i temi che
questo match tanto atteso mette in discussione tra le due diverse fazioni, ma
il fulcro di tutto si focalizza nel comportamento delle due panchine. Alzi la
mano chi soltanto un anno fa avrebbe scommesso su Conte all’Inter e Sarri alla
Juve: nessuno, anche se questo calcio così imprevedibile da un momento all’altro,
che promette parole che non vengono mantenute per situazioni contingenti a
interessi economici e perché no anche professionali, tutto è il contrario di
tutto. Sì, perché in fondo è soltanto l’ideale del tifoso che costruisce
modelli che non esistono. Ma è un coccolarsi dietro il tifo, una bandiera, una
cultura calcistica a cui il tifoso ha bisogno di aggrapparsi per collocare
figure che appartengono alla storia di una data società. E se è vero che
Antonio Conte è entrato nel mondo del calcio da giovane e non si è mai
allontanato, Maurizio Sarri è l’emblema della favola iniziata nel1990 sulle
polverose panchine della Seconda Categoria e approdato 29 anni dopo nella
società più blasonata d’Italia. Due scuole di pensiero differenti, due sistemi
di gioco forse anche opposti che giustificano due allenatori fondamentalmente
diversi ma uguali nell’arrivare in alto con l’ausilio della meritocrazia che non
fa sconti a nessuno. Se vali vai avanti se no resti indietro e non emergi mai.
E’ un fatto di carattere che i due allenatori possono dire di averlo molto
spiccato, nel sapere cosa vogliono dalle squadre che hanno allenato in passato
e che allenano oggi. Entrambi provenienti da famiglie umili e con l’idea (mai retorica)
che il pane bisogna guadaglielo attraverso la fatica, il lavoro e la voglia di
credere in ciò che si fa. Poi, il risultato nel calcio è ciò che conta e non è un
caso che Conte e Sarri abbiano ottenuto successi che li hanno portati ad essere
tra i primi coach al mondo. Conte ha vinto di più rispetto a Sarri, ma da parte
dell’ex allenatore del Napoli c’è il chiodo fisso di vincere fin da quest’anno
attraverso la sua filosofia di calcio spettacolo. I due non si vedono di buon
occhio, tuttavia, c’è da dire che chi vede il calcio in maniera diversa e porta
avanti il proprio credo, può soltanto rispettare l’avversario senza amarlo. E
mentre l’Inter di Conte sembra rinata e tirata a lucido almeno in campionato,
avendo infilato sei partite vinte su sei giocate, la Juve di Sarri sta
carburando nell’assimilare i concetti voluti dal suo maestro. Eppure con il
senno di poi tutto cambia, se pensiamo che Conte aveva dichiarato di fare da
sempre il tifo per la Juventus e che da professionista qual è, se fosse andato
al Milan o all’Inter ne avrebbe incamerato i colori e la storia con correttezza
professionale. Ma anche Sarri criticava la Juventus e non perdeva l’occasione
per andarle contro talora pure con acredine, fin dai tempi in cui allenava il
Napoli. Eppure si cambia perché quell’odio di Sarri verso la Vecchia Signora si
è tramutato in un’opportunità professionale che egli ha sognato da sempre.
Conte, invece, dopo l’esperienza fatta in Premier League, aveva voglia di
tornare in Italia e avendo trovato la porta chiusa della sua Juventus, ha
accettato l’opportunità di allenare l’Inter perché ha la sua stessa fame
agonistica e di vittorie. In questo, bisogna dire che Conte ci mette l’anima,
così come fece alla Juve quando fu chiamato da Andrea Agnelli dopo quel
mortificante settimo posto in classifica di qualche anno fa. E allor, non
parleremmo di banali e qualunquistici pensieri di tradimenti (Conte alla Juve e
Sarri al Napoli), perché il percorso lavorativo di ogni professionista va
rispettato con il cervello, senza farsi prendere da fatti di cuore che non
possono più essere accettati in un mondo del pallone che ormai da anni luce non
conosce le bandiere. Il passato è passato e il concetto del presente è questo.
Che piaccia o no, Conte e Sarri non sono colpevoli di nulla.
Salvino
Cavallaro
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