La leggerezza dell’essere è insostenibile,
dice Milan Kundera, autore del suo omonimo romanzo, perché è uno schermo dietro
cui nascondere la reale essenza della vita: la pesantezza esistenziale. E
allora qual è la reale essenza del gioco del calcio se non la “pesantezza” di
vincere, convincere, avere un’idea di gioco moderno e un andamento continuo di
risultati per tutto l’arco del campionato, soprattutto se ti chiami Torino F.C.
e hai una storia da difendere? E così subentra quella leggerezza della quale
parlavamo prima, nella non consapevolezza di capire cosa significa indossare quella
maglia granata. Retorica? Forse! Ma il dato di fatto è questo! Analizzando invece
il profilo tecnico e dando una giustificazione pressoché plausibile di un Toro
che dall’inizio di stagione non è stato all’altezza delle aspettative, diciamo
che si riscontrano tutta una serie di errori che coinvolgono la dirigenza, l’allenatore
e i giocatori. L’anno scorso la squadra di Mazzarri è stata una delle sorprese
del campionato, grazie soprattutto a una fase difensiva di ottimo livello
tecnico. Con la marcatura a uomo, l’aggressività a tutto campo e l’intensità di
gioco, il Toro ha centrato una serie di risultati positivi che l’hanno
collocato nei piani alti della classifica. La clamorosa annata di Salvatore
Sirigu che ha parato di tutto e di più, ha dato poi tanta forza e
consapevolezza alla difesa, ma anche al centrocampo e all’attacco, i quali si
sono uniti in un unico monolito. E allora oggi che succede? La squadra è sempre
guidata da Mazzarri ed ha sempre la solita fisionomia tattica in difesa con i
suoi tre giocatori, che pur avendo gli stessi identici compiti nell’assegnazione
delle marcature, spesso (soprattutto i centrali) vengono superati dall’avversario
per leggerezza nell’intendere anche i meccanismi di certi movimenti di reparto che
sono essenziali nel contrastare l’incedere dell’avversario. E poi manca anche
la coesione con il centrocampo e l’attacco, dove si evidenza soltanto una fase
offensiva che è orientata semplicemente sull’individualità. Questo non è calcio
moderno, non è calcio propositivo e non è calcio arrembante, privo com’è di
quegli stimoli concettuali in cui una squadra che è inferiore tecnicamente dell’avversario,
non deve aspettarla ma deve aggredirla alta per inibire la fonte del gioco
avversario. Detto questo, un appunto di negatività va fatto anche alla dirigenza
granata e in primis al presidente Cairo il quale, nonostante il suo proverbiale
modo di essere oculato in maniera maniacale, quest’anno ha speso una fortuna
per comprare Verdi, un giocatore che non serve a questo Toro che ha ben altri
problemi da risolvere dal punto di vista tecnico e dell’allenatore. Si pensi
presto a prendere Davide Nicola,
almeno per traghettare il Toro fino a fine stagione. Poi, se il risultato non
sarà ancora soddisfacente, ci si orienti verso Roberto D’Aversa, un allenatore che vede il calcio da un’ottica
moderna. Sì, perché il mondo granata non ne può più di vedere svanire l’interesse
per il proprio campionato già a novembre, mese in cui ci si preoccupa delle
squadre che sono in fondo alla classifica. Altro che fare voli pindarici!
Salvino
Cavallaro
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