Ci
sono campioni di calcio che per certe peculiarità sportive e soprattutto umane
restano negli annali storici come emblema di modelli da seguire. Roberto Baggio, pallone d’oro e
vicecampione del mondo con la Nazionale Italiana nel 1994 è sicuramente uno dei
maggiori interpreti di quel calcio inteso come spettacolo di gesti tecnici
pallonari che sanno di melodia, che fanno innamorare per l’anima sprigionata
durante un dribbling, un gol, un passaggio smarcante. Ma oltre il campione c’è
l’uomo che in quel magico tocco raffinato di palla, manifesta sempre un’anima
sensibile che si traduce in passione sempre pronta a gioire ma anche a soffrire
quando è il momento. Un po’ com’è la vita, che spesso si manifesta in tutto il
suo significato anche sul rettangolo verde di un campo di calcio in cui c’è chi
vince e c’è pure chi perde. Due sentimenti contrapposti che, tuttavia, temprano
il carattere e maturano l’uomo. Roberto
Baggio, soprannominato “il codino”
per la sua folta capigliatura di riccioli crespi per lungo tempo portati con il
codino che ballonzolava sulle spalle, è nato a Caldogno in provincia di Vicenza il 18 febbraio 1967. E
proprio là, in quell’angolo di terra veneta è iniziata la sua favola legata a
quel pallone che lui ha rincorso tutta la vita tra momenti di gioia e di dolore,
per avere subito in carriera gravi infortuni che hanno colpito la sua
sensibilità e l’hanno fatto crescere sotto il profilo umano. Baggio comincia a tirare i primi calci
nelle giovanili del Caldogno per poi
passare al Lanerossi Vicenza, dove ha mostrato tutto il suo talento
calcistico che l’ha proiettato definitivamente nell’olimpo delle squadre più
importanti della Serie A. Passò alla Fiorentina,
poi alla Juventus, al Milan, al Bologna, all’Inter e poi al Brescia dove chiuse definitivamente la
sua carriera. Non fu mai campione del mondo in Nazionale, ma sfiorò l’impresa
quando nel 1994, nella finale di Coppa del Mondo contro il Brasile fu uno dei
tre azzurri a sbagliare i rigori. Tanti ricorderanno quelle copiose lacrime
versate da Baggio e compagni, in quell’infausta pagina di storia pallonara
italiana. Ma lì, in quell’occasione e in altre circostanze in cui il suo
ginocchio subì gravi infortuni e diverse operazioni, si sono sviluppati sentimenti
di delusione profonda che fecero maturare il campione Roberto Baggio attraverso quel’introspettiva capace di lunghe
riflessioni sulla sua carriera che scorreva in parallelo alla sua vita. Da
pallone d’oro conquistato nel 1993 ai tempi in cui giocava nella Juventus, a
delusioni come quelle che abbiamo appena raccontato. Un’intersecarsi di
manifestazioni umane che si identificano nella vita, nel suo senso di essere
sempre pronti e preparati a raccogliere gioie e dolori. Un rovescio della
medaglia che Baggio ha imparato a
sue spese, proprio da quel pallone che lui ha adorato e dal quale più di una
volta si è sentito tradire. Storie di dribbling in campo e nella vita, storie
che ti fanno riflettere che mai nulla è semplicemente edulcorato senza il sapore
aspro del sale. Oggi Roberto Baggio
sfoglia le pagine dei ricordi del pallone giocato ad altissimi livelli. Il
Pallone d’Oro che riflette luce d’orgoglio nella sua bacheca, si interseca ai
suoi affetti più cari e alla perfetta armonia d’unione con sua moglie Andreina Fabbi sposata nel 1999, ai
figli Valentina, Mattia e Leonardo, con i quali Roberto ha un
rapporto di particolare intensità affettiva. Una famiglia unita che professa la
religione Buddista, per la quale si sente una particolare ascendenza spirituale.
Roberto Baggio non ha nessun profilo
social, ma ha ugualmente un rapporto di amicizia verso chi per anni si è beato
del suo stile calcistico, dei suoi dribbling e di quel modo tutto suo di
calciare punizioni oltre la barriera, mettendo il pallone in quel sette della
porta avversaria che ha fatto urlare “GOOOOOL”, facendo raggiungere l’estasi
agli appassionati di calcio spettacolo. Un gusto unico del quale ancora oggi si
avverte la goduria e il profumo di quel gol che è in fondo l’unica cosa che
conta nel calcio. E’ Roberto Baggio, il campione che ha segnato una storia
importante del nostro calcio.
Salvino Cavallaro
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