Sono settimane che sentiamo queste parole.
Frasi che sanno di ripetuto senso qualunquistico di una filosofia che è l’emblema
del nulla. Cosa vuol dire essere Italia e non partecipare al mondiale di
calcio perché non te lo meriti? E' forse un sacrilegio? Ma è proprio per
il fatto di chiamarti Italia che devi dimostrare tutto il tuo valore sul campo e
meritare concretamente la partecipazione tra le migliori potenze calcistiche
mondiali. Pensate se tutte le Nazionali che hanno tanta storia e blasone
come l’abbiamo noi, si fossero rifugiati dietro questi assurdi discorsi. E così
tra un cercare lo sprone e l’autostima perduta già in Spagna, la Nazionale di
Gian Piero Ventura ha perso per 1 a 0 il suo primo incontro di play off contro la
Svezia. Ora serve l’impresa a San Siro, la partita perfetta per ribaltare il
risultato che ci qualificherebbe. In una partita in cui la posta in palio era
altissima, abbiamo visto un’Italia che è stata sovrastata fisicamente e
mentalmente da una Svezia che fin dall’inizio della gara ha mostrato i suoi
attributi, nella consapevolezza che l’avversario (cioè noi) siamo realmente
superiori sul piano tecnico. E così la prestanza fisica svedese si è fatta
notare soprattutto nelle palle alte e con gomiti largamente aperti, che l’arbitro
troppe volte non ha sanzionato come avrebbe dovuto. Ma appellarci a questo, come
ad altre cose, ci farebbe perdere di vista il senso di una sconfitta che, nonostante
il palo di Darmian, mette a nudo la pochezza della squadra di Ventura. Un match
basato su un sistema tattico imperniato sul 3-5-2, con la difesa targata BBC,
un centrocampo a 5 con De Rossi, Verratti, Parolo e i due esterni Candreva e
Darmian, mentre Belotti e Immobile avrebbero dovuto essere le due punte
effettive. Tutti hanno visto che la partita si è persa proprio a centrocampo,
dove De Rossi e Parolo avrebbero dovuto fare da frangiflutti per agevolare la
verticalizzazione di gioco ispirato da Verratti, con la variante degli esterni
pronti a inserirsi tra le linee. Niente di tutto questo, perché non solo siamo
stati aggrediti continuamente davanti alla nostra area, ma non siamo
neanche riusciti a impensierire la difesa avversaria con Immobile e Belotti, risultati
in evidente forma precaria. Alla vigilia era stata annunciata la presenza di
Zaza, ma l’ex juventino che adesso sta facendo bene al Siviglia si è
infortunato in allenamento. Noi, a questo punto, avremmo giocato la carta Insigne
come falso nueve assieme a Immobile, piuttosto che improvvisarlo nel corso
della ripresa come vice Verratti. Un ruolo che non gli si addice per
caratteristiche tecniche, visto che nel Napoli gioca sempre da esterno sinistro
con grande efficacia nelle ripartenze. Dunque, possiamo pure parlare di
sfortuna, di non aiuto da parte dell’arbitro e di mille altre scuse che nel
calcio ci stanno pure, ma non possiamo certamente nasconderci dietro un dito.
Tutti sono responsabili di questa preoccupante sconfitta in terra svedese, il
C.T. ancor più degli altri per non aver saputo dare in tutto questo tempo che
la squadra è nelle sue mani, una fisionomia di gioco che in fondo non c’è mai
stata. Fino alla partita contro la Spagna siamo andati avanti senza l’entusiasmo
dovuto contro Albania, Israele, Macedonia e Liechtenstein. Sempre a cercare il
compitino, sempre a centrare il necessario per andare avanti con la speranza
che prima o poi si trovasse la quadratura di un modulo mai esattamente
definito. Ventura ha provato il 4-2-4, il 4-4-2, per poi ritornare a quel 3-5-2
di partenza e di continiana memoria, ma con risultati a dir poco
insoddisfacenti. E adesso ci ritroviamo con l’acqua alla gola, sperando in un
appiglio da afferrare al volo per salvarci dallo sprofondo azzurro. A San Siro
serve la partita perfetta, serve quella quadratura del cerchio che non è stata
mai trovata, ma soprattutto serve l’intelligenza tattica che non si esprime a
parole nelle stanze delle conferenze stampa, ma sul terreno di gioco contro
avversari agguerriti, magari mediocri, ma nerboruti come gli svedesi. Già, non
li temiamo questi svedesi perché: “Noi siamo l’Italia e non ci può essere un mondiale di calcio
senza di noi…”.
Salvino
Cavallaro
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