“SIAMO L’ITALIA, NON CI PUÒ ESSERE UN MONDIALE SENZA NOI”


L`Italia di Ventura perde la prima partita di play off contro la Svezia, valevole per la partecipazione al prossimo mondiale.
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Friends Arena Solna, 11/11/2017 -


Sono settimane che sentiamo queste parole. Frasi che sanno di ripetuto senso qualunquistico di una filosofia che è l’emblema del nulla. Cosa vuol dire essere Italia e non partecipare al mondiale di calcio perché non te lo meriti? E' forse un sacrilegio? Ma è proprio per il fatto di chiamarti Italia che devi dimostrare tutto il tuo valore sul campo e meritare concretamente la partecipazione tra le migliori potenze calcistiche mondiali. Pensate se tutte le Nazionali che hanno tanta storia e blasone come l’abbiamo noi, si fossero rifugiati dietro questi assurdi discorsi. E così tra un cercare lo sprone e l’autostima perduta già in Spagna, la Nazionale di Gian Piero Ventura ha perso per 1 a 0 il suo primo incontro di play off contro la Svezia. Ora serve l’impresa a San Siro, la partita perfetta per ribaltare il risultato che ci qualificherebbe. In una partita in cui la posta in palio era altissima, abbiamo visto un’Italia che è stata sovrastata fisicamente e mentalmente da una Svezia che fin dall’inizio della gara ha mostrato i suoi attributi, nella consapevolezza che l’avversario (cioè noi) siamo realmente superiori sul piano tecnico. E così la prestanza fisica svedese si è fatta notare soprattutto nelle palle alte e con gomiti largamente aperti, che l’arbitro troppe volte non ha sanzionato come avrebbe dovuto. Ma appellarci a questo, come ad altre cose, ci farebbe perdere di vista il senso di una sconfitta che, nonostante il palo di Darmian, mette a nudo la pochezza della squadra di Ventura. Un match basato su un sistema tattico imperniato sul 3-5-2, con la difesa targata BBC, un centrocampo a 5 con De Rossi, Verratti, Parolo e i due esterni Candreva e Darmian, mentre Belotti e Immobile avrebbero dovuto essere le due punte effettive. Tutti hanno visto che la partita si è persa proprio a centrocampo, dove De Rossi e Parolo avrebbero dovuto fare da frangiflutti per agevolare la verticalizzazione di gioco ispirato da Verratti, con la variante degli esterni pronti a inserirsi tra le linee. Niente di tutto questo, perché non solo siamo stati aggrediti continuamente davanti alla nostra area, ma non siamo neanche riusciti a impensierire la difesa avversaria con Immobile e Belotti, risultati in evidente forma precaria. Alla vigilia era stata annunciata la presenza di Zaza, ma l’ex juventino che adesso sta facendo bene al Siviglia si è infortunato in allenamento. Noi, a questo punto, avremmo giocato la carta Insigne come falso nueve assieme a Immobile, piuttosto che improvvisarlo nel corso della ripresa come vice Verratti. Un ruolo che non gli si addice per caratteristiche tecniche, visto che nel Napoli gioca sempre da esterno sinistro con grande efficacia nelle ripartenze. Dunque, possiamo pure parlare di sfortuna, di non aiuto da parte dell’arbitro e di mille altre scuse che nel calcio ci stanno pure, ma non possiamo certamente nasconderci dietro un dito. Tutti sono responsabili di questa preoccupante sconfitta in terra svedese, il C.T. ancor più degli altri per non aver saputo dare in tutto questo tempo che la squadra è nelle sue mani, una fisionomia di gioco che in fondo non c’è mai stata. Fino alla partita contro la Spagna siamo andati avanti senza l’entusiasmo dovuto contro Albania, Israele, Macedonia e Liechtenstein. Sempre a cercare il compitino, sempre a centrare il necessario per andare avanti con la speranza che prima o poi si trovasse la quadratura di un modulo mai esattamente definito. Ventura ha provato il 4-2-4, il 4-4-2, per poi ritornare a quel 3-5-2 di partenza e di continiana memoria, ma con risultati a dir poco insoddisfacenti. E adesso ci ritroviamo con l’acqua alla gola, sperando in un appiglio da afferrare al volo per salvarci dallo sprofondo azzurro. A San Siro serve la partita perfetta, serve quella quadratura del cerchio che non è stata mai trovata, ma soprattutto serve l’intelligenza tattica che non si esprime a parole nelle stanze delle conferenze stampa, ma sul terreno di gioco contro avversari agguerriti, magari mediocri, ma nerboruti come gli svedesi.  Già,  non li temiamo questi svedesi perché: “Noi siamo l’Italia e non ci può essere un mondiale di calcio senza di noi…”.

Salvino Cavallaro   





Salvino Cavallaro