Beppe
Gandolfo, scrittore e giornalista delle reti Mediaset, è da sempre
un grande tifoso del Toro. Una passione radicata nel tempo e rafforzata da
quella grande storia del Torino che gli ha dato modo di incrementare con le sue
opere la già vasta letteratura granata. “Il
Toro che vorrei”, “Meroni, l’artista
campione”, “Il mio Toro” e tanti altri libri pubblicati, sono la
testimonianza del suo attaccamento a una squadra di calcio che per lui è
qualcosa di più che una semplice passione. Ma Beppe Gandolfo è il giornalista che racconta Torino all’Italia con
il suo “Un anno in Piemonte”, il volume edito da EnneCi
Communication che quest’anno è giunto alla sedicesima edizione. E’ un po’ come
rivivere anno dopo anno, i palpiti e i respiri talora affannosi di un Piemonte
che si manifesta con orgoglio agli occhi dell’Italia. Oggi l’abbiamo incontrato
per rivivere insieme un anno di Toro, tra sogni europei svaniti sul traguardo
finale, ma con l’orgoglio e la consapevolezza di avere raggiunto dopo tanti
anni un livello davvero importante.
Beppe,
come spieghi la debacle del Toro a Empoli?
“Premesso che do alla stagione
del Torino un bel 7, dico che nel momento in cui la Lazio ha vinto la Coppa
Italia e il Toro ha capito che matematicamente era impossibile entrare in zona
Uefa, c’è stato un calo totale di tensione. Quindi, trovandosi di fronte a una
squadra che giocava per la vita o per la morte come l’Empoli, il Toro ha capito
che forse dando anche il massimo per vincere la partita, sarebbe stata comunque
un’impresa inutile”.
Ma
c’è ancora una speranza di entrare ugualmente in Europa, visto che i problemi
legati al fair play finanziario del Milan consentirebbero al Toro di
partecipare alla competizione europea. Tu cosa pensi?
“Sono stato spesso molto critico
nei confronti di Cairo, imputandogli alcune scelte sbagliate, errori e mancanza
di passione. Ma bisogna dargli atto di aver messo il bilancio del Torino in
regola e se dovesse succedere com’è successo con il Parma, non la ritengo
un’entrata dalla porta di servizio ma un’entrata di diritto, perché se ci sono
delle regole devono essere rispettate. Dunque, chi non ha rispettato il fair
play finanziario è giusto che sia penalizzato, mentre chi l’ha rispettato, deve
essere premiato. Ricordo che abbiamo vissuto fior di presidenti delinquenti che
hanno massacrato i bilanci del Toro, ma una volta che abbiamo un presidente che
ha fatto della correttezza finanziaria il proprio vanto, ebbene, tutto questo
gli va riconosciuto”.
Beppe,
perché quest’anno la squadra di Mazzarri non è riuscita ad avere continuità?
“Credo che sia un problema di
motivazioni, nel senso che il Toro ha giocato molto bene tutte le partite con
le cosiddette grandi. Tranne la partita iniziale con la Roma, abbiamo giocato
benissimo i due derby con la Juve, poi contro l’Inter, il Milan, l’Atalanta che
è la rivelazione di questo campionato, mentre ci siamo distratti e abbiamo
perso punti in casa contro il Bologna, il Parma, il Cagliari. Credo che si
tratti di mancanza di maturità, di concentrazione e di non sapere affrontare
questo tipo di partite con il piglio giusto”.
Mazzarri
è davvero l’allenatore giusto per il Toro?
“Questo non lo so, so soltanto
che all’inizio dell’anno avevo pronosticato una squadra che avrebbe fatto tanti
pareggi, che non avrebbe beccato sonore sconfitte, ma che non avrebbe mai messo in
pratica un gran bel gioco, conoscendo in parte le esperienze precedenti di
Mazzarri. Abbiamo pareggiato tante partite, non abbiamo mai preso delle sonore
batoste (tranne contro l’Empoli) e il bel gioco lo abbiamo visto soltanto a
tratti e non con continuità. Detto questo, ritengo Mazzarri un allenatore
solido, molto sanguigno, preciso nel preparare le partite inibendo il gioco
avversario piuttosto che curare l’offensiva. Ma se pensiamo all’esperienza
precedente con Mihajlovic, in cui si andava tutti in attacco per vincere e poi
non si combinava nulla, quest’anno con Mazzarri abbiamo raggiunto ottimi
risultati anche grazie a uno spogliatoio coeso e una buona preparazione
atletica”.
Tra
i giocatori in forza al Toro, c’è qualcuno che ti ha deluso quest’anno?
“Sicuramente Zaza, perché ha
fallito le premesse iniziali incappando in una stagione storta dal punto di
vista del gioco, ma anche dell’atteggiamento, del nervosismo, dell’incapacità
di entrare nei meccanismi dello spirito Toro”.
Chi
ti ha invece entusiasmato particolarmente?
“Emiliano Moretti. Domenica
prossima lo stadio deve venire giù, per Moretti. E’ il più grande giocatore che
ha avuto il Torino negli ultimi anni, non solo come prestazioni effettuate ma
anche per l’abnegazione, lo spirito, la serietà, il sacrificio, l’eleganza che
ha mostrato sul campo. Moretti é una ricchezza che il Toro non può perdere. E
anche se ci sarà l’addio al calcio giocato, dico che il Torino deve ripartire
da Emiliano Moretti. Mi auguro che sarà il prossimo dirigente del Torino,
perché questo giocatore ha incarnato perfettamente lo spirito Toro, in un mondo
del calcio fatto di procuratori e di esorbitanti interessi economici. Per
questo, mi piacerebbe che domenica prossima lo stadio gli tributasse un grande
ringraziamento”.
E
veniamo all’addio di Petrachi. Chi vedi in sua sostituzione?
“Petrachi ha lavorato molto
bene al Toro, curando molto le plusvalenze e partecipando attivamente a mettere
sempre in regola i bilanci del Torino. Ma Petrachi ha anche scovato calciatori
come Meitè e soprattutto Nkoulou che nessuno conosceva prima, mentre adesso
metà delle squadre europee lo vorrebbero. Chi verrà al suo posto non lo so,
tuttavia posso dire che mi piacerebbe che questo ruolo fosse proposto a Massimo
Bava, l’attuale responsabile del Settore Giovanile del Torino, che conosco
molto bene e lo ritengo una persona straordinaria, eccezionale, pulita e
puntigliosa. Certo, inizialmente mancherà di esperienza in quel ruolo di
direttore sportivo, così diverso da quello che attualmente occupa. Tuttavia,
penso che Bava sia davvero la persona indicata a far bene il DS del Torino F.C.”
Per
finire, Torino – Lazio che partita sarà?
“Sarà una bella partita, perché
nessuna delle due squadre avrà più nulla da chiedere alla classifica. Senza
tanti tatticismi, ma con tanta voglia di divertirsi e far divertire il
pubblico. Una partita con tanti gol, magari un 3 a 3 come Lazio – Bologna di
lunedì scorso”.
Salvino
Cavallaro
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