Avevamo sospettato qualche
dubbio di tenuta fisica e mentale, dopo la scialba partita di campionato che la
Juventus ha giocato domenica scorsa all’Olimpico contro la Roma. Ebbene, siamo
stati subito smentiti da una prestazione maiuscola a seguito della finale di
Coppa Italia contro la Lazio. La squadra di Allegri è ritornata cattiva sotto
il profilo agonistico, attenta e decisa di conquistare la sua terza Coppa
Italia consecutiva, iniziando così il processo di conquiste e primati per le squadre
di club in Italia. Scrivere pagine di storia che resterà indelebile nel tempo,
vuol dire sacrificarsi nella propria professione. E ci sta che i calciatori
della Juventus attraverso il senso dell’unione di squadra, di coesione tra
giocatori maggiormente impegnati da Allegri e quelli che giocano meno, stanno
dimostrando di aver capito cosa vuol dire sacrificarsi e giocare in una grande
squadra con la consapevolezza di prepararsi a dovere, soprattutto quando
vincere vuol dire immortalare primati da affiggere nelle proprie bacheche
museali. E’ la storia dei primati che non fa differenze tra chi ha giocato
meglio, chi si è divertito di più attraverso il gioco praticato oppure no. I
primati sono fatti per essere scritti, immortalati tra le pagine degli annali
storici. E la Juve lo sta facendo, step by step, tra piccole cadute e
immancabili riprese che sanno di desiderio di volersi subito rialzare per
dimostrare il proprio orgoglio. Sono le capacità di una grande società di calcio,
di uno staff all’altezza della situazione,di un allenatore capace di tenere
sulla corda il proprio spogliatoio e di una squadra unita nella sostanza di
porsi sempre l’unico obiettivo, che è sempre quello di primeggiare. E così
questa Juve targata 2016’17, sapendo già in partenza che quest’anno avrebbe
potuto essere l’occasione da non perdere nell’acquisizione dei grandi primati,
ha raggiunto il suo primo obiettivo dei tre prefissati; e cioè la conquista
della terza Coppa Italia di fila. Contro la Lazio di Inzaghi, la squadra di
Allegri è ritornata a essere cinica e sicura nelle sue trame di gioco, precisa
e attenta a sbagliare meno possibile per non dar adito alle ripartenze
improvvise di Keita e Immobile. La Juventus ha vinto 2 a 0, ma non è stata una
passeggiata, perché la Lazio ha creato qualche criticità soprattutto all’inizio
della gara proprio con Keita, che ha colpito il palo di destra di Neto. Poi,
forse impauriti da questo episodio, la Juventus ha messo in atto tutta la sua
superiorità tecnica che fin dall’inizio della gara la dava favorita per la
vittoria finale. E così sale in cattedra soprattutto Dani Alves, che in quella
zona del campo in cui è stato impiegato da Allegri, ha fatto il bello e il
cattivo tempo. Questo è davvero un giocatore che la Juventus ha tirato fuori
dal cilindro come fosse magia, come qualcosa che non era previsto ma che ha
trovato al momento giusto. E non è solo per il gol di rara bellezza tecnica che
ha fatto, ma è nell’insieme che questo brasiliano preso dalla Juve a costo zero
e considerato un fine carriera, sta meravigliando coloro (quasi tutti), che non
credevano più in lui. E invece lo trovi dappertutto; largo a destra come a
sinistra, al centro del campo a misurare palloni deliziosi per i compagni, a
fare dribbling incredibili, palloni che fa passare tra le gambe
dell’avversario, mentre è furbo e intelligente quando deve interdire, spostando
l’avversario per metterlo fuori dalla portata del pallone. Questo Dani Alves è
davvero il valore aggiunto di questa Juventus che dopo la conquista della Coppa
Italia si appresta a conquistare il suo storico sesto scudetto consecutivo e
chissà, anche la tanto sospirata Champions League. Aria di triplete per una
Juve che è squadra simbolo di sacrificio, partendo dai suoi giocatori più
rappresentativi, Higuain, Dybala, Mandzukic, Pjanic, Khedira, Marchisio,
Cuadrado, Alex Sandro, e poi Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci e tutti
coloro che pur giocando meno si sentono giustamente coinvolti nel bene delle
vittorie e nel male delle poche ma brucianti sconfitte. E’ la Juve che chiude
la gara contro la Lazio con un gol di Bonucci, che vince la Coppa e capisce che
ancora deve soffrire per continuare a conquistare quello che la farà passare
alla storia con tutti i suoi nomi della rosa titolare e non, ma anche con
l’abilità di uno staff tecnico che è rappresentato dall’allenatore, dai
preparatori, dai fisioterapisti,dai medici sportivi al seguito, ma anche dei
magazzinieri e di tutti coloro che fanno gruppo condividendo momenti di lavoro
ad altri di rilassamento. E’ la famiglia del calcio che sa vincere, che sa
mettere da parte gelosie, personalismi e tutto quello che si perde con il
significato di disgregare, piuttosto che unire. Intelligenza vuole che nel
calcio come nella vita, se non si è uniti per il raggiungimento di uno scopo
ben preciso, non si va da nessuna parte. La storia della Juve lo insegna come
stile di società capace di annullare ogni festeggiamento ufficiale per le
strade della Torino bianconera, anche se si dovesse vincere matematicamente il
sesto scudetto consecutivo. Sì, perché c’è ancora la stregata Coppa dalle
grandi orecchie da portare a casa. Quindi, almeno per adesso, in casa
bianconera si aspetta a festeggiare a cose fatte. Step by step. Fatti, non
parole!
Salvino
Cavallaro
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