L’Avvocato
Fabio Viglione è uno di quei tifosi del Toro che maggiormente
si sono distinti nel tempo, per qualità di opinioni calcistiche espresse sempre
con la massima oggettività. Tante volte abbiamo avuto modo di intervistarlo per
avere una sua idea sulla situazione della sua squadra del cuore, e in ogni
occasione non ha mai deluso le nostre aspettative. Così come in questa
esaustiva intervista, in cui pone l’accento, con evidente amarezza, sul momento
negativo del suo Toro che ha deluso le aspettative di tanti tifosi granata. Giurista
patrocinante in Cassazione, l’Avvocato Fabio Viglione vive a Roma ormai da
molti anni e svolge la sua attività professionale presso il suo avviatissimo
studio legale che si avvale dell’apporto di numerosi qualificati
professionisti. Ma il lunedì di ogni settimana, quando il Toro vince, pareggia
o perde, per lui c’è sempre modo di fare un’analisi critica e competente con
amici e colleghi, con la stessa meticolosa attenzione e precisione che pone nel
suo quotidiano, quando deve garantire assistenza in ambito giudiziale.
Ascoltiamolo dunque in questa intervista.
Dopo
il 4 a 0 del Toro inflitto al Brescia in terra lombarda, il tuo giudizio sulla
squadra è cambiato?
“No, non è cambiato. Resta un
giudizio in chiaroscuro. Un contrasto tra luci e ombre. La parte luminosa è la
potenzialità della squadra, espressa nella stagione scorsa quando tutto girava
al meglio. Le ombre sono rappresentate dal gioco che non mi ha mai completamente
convinto. Neanche quando assistito dai risultati. Naturalmente tengo stretta la
vittoria di Brescia e soprattutto i 3 punti perché cominciavo ad essere in
astinenza e cominciavo a guardarmi alle spalle…”
A
cosa pensi sia dovuto il periodo negativo che la squadra di Mazzarri sta
attraversando?
“Confesso che non sono riuscito
a capirlo fino in fondo. Forse un calo della condizione atletica, una sfiducia
dopo le prime impreviste difficoltà, un gioco troppo prevedibile e privo di
coraggio e di un po’ di sana spregiudicatezza. Una punta come Belotti, isolata
e senza rifornimenti, si sbatte facendo di tutto per conquistare palloni
giocabili, ma è uno sforzo titanico con uno spreco mostruoso di energie.
Essendo l’unico riferimento in attacco viene continuamente raddoppiato dai
difensori avversari”.
Tu,
come tanti tifosi del Toro, che idea ti eri fatto di questa squadra all’inizio
del campionato?
“Avevo tante aspettative.
Pensavo che, confermando tutto il gruppo e soprattutto non cedendo i cosiddetti
“prezzi pregiati”, giocatori come Sirigu, Belotti e Izzo, tanto per fare tre
nomi, saremmo stati in grado di mettere in campo una squadra solida e
competitiva. Non cedere calciatori tanto richiesti sul mercato, poi, l’ho letto
come una evidente dimostrazione di forza da parte del club. C’è un progetto e
si porta avanti con continuità. Pensavo, poi, che l’affiatamento del gruppo, con
una stagione in più sulle spalle avrebbe ulteriormente aumentato il tasso di
esperienza e la complessiva affidabilità. Maggiore assimilazione degli schemi,
più affiatamento. Gli acquisti di Verdi e Laxalt avrebbero dato poi ulteriore
qualità. Due giocatori in cerca di riscatto dopo annate difficili. Si, in
estate ero molto fiducioso. Ad oggi sono stato smentito dal campo. Ma credo ci
voglia equilibrio di giudizio soprattutto nelle situazioni difficili, quando
tutte le certezze sembrano venire meno”.
Se
ci sono delle colpe, a chi sono maggiormente imputabili?
“Credo che quando, a quasi un
terzo del campionato, si determini una situazione come quella attuale, è
evidente che siano stati commessi errori. Preferisco parlare di errori e non di
colpe, forse per la mia deformazione professionale. Errori commessi da tutti
naturalmente. Credo che possano suddividersi in due tipi di errori. Quelli di
valutazione iniziale, diciamo “programmatici”, sulle potenzialità dell’organico
e quelli chiamiamoli “esecutivi” sulla realizzazione pratica del progetto. Dopo
quasi un terzo di campionato, il bilancio parziale è certamente negativo.
Abbiamo perso la metà delle partite, la maggior parte delle quali contro
squadre costruite con diversi e meno ambiziosi obiettivi, certamente con organici
meno competitivi. Credo che attualmente la squadra si esprima al di sotto delle
proprie reali potenzialità”.
Se
tu fossi il Presidente Cairo, cosa faresti?
“Non è facile sostituirsi al
Presidente e fare valutazioni dall’esterno. Io personalmente punterei sul
potenziamento dei quadri dirigenziali della società, investendo su figure di
massima professionalità ed esperienza. Per una società come il Torino saper individuare,
in anticipo, prima che “esplodano”, i calciatori su cui puntare può essere
determinante. E’ inutile far finta di niente: i fatturati delle società, i
contributi dei diritti Tv creano fossati. La competizione oggi in Italia è
figlia di questi dislivelli, in parte incolmabili. Guardiamo le classifiche
finali degli ultimi 10 anni per averne una dimostrazione. Negli ultimi anni il Presidente
Cairo attraverso una serie di investimenti - basti pensare a quanto sia salito
il monte ingaggi e quanto abbia speso per acquistare alcuni calciatori da club
di prima fascia - ha cercato di far
salire il livello del Toro. D’altronde, anche quest’anno, l’aver trattenuto
tutti, l’aver acquistato Verdi e riscattato Aina per cifre importanti,
rappresentava il chiaro intendimento di puntare ancora più in alto del
precedente settimo posto. Qualcosa evidentemente, ad oggi, non ha funzionato. Ma
credo che il Presidente Cairo sia perfettamente in grado di diagnosticare i
problemi ed abbia la voglia e la capacità per cercare e trovare le soluzioni
più appropriate.
Sabato
prossimo il Toro affronterà in casa l’Inter di Antonio Conte. Che partita sarà?
“Sarà una partita difficile per
il valore dell’avversario e le motivazioni che spingono i nerazzurri. Ma il
Toro ci ha abituati a meglio figurare contro questo tipo di squadre. Anche
perché, a mio parere, quando è chiamato ad imporre il proprio gioco contro
squadre chiuse fatica moltissimo. Credo che il Toro giocherà una partita
ordinata ed attenta ed avrà l’atteggiamento giusto. Poi nelle singole partite,
anche un episodio può indirizzare l’andamento e conseguentemente il risultato”.
A
parte il divario tecnico esistente tra queste due squadre, pensi davvero che
sia possibile un’impennata d’orgoglio da parte del Toro?
“Credo che la partita possa
essere l’occasione per far scoccare la scintilla e riaccendere una stagione che
oggi sembra essere andata in letargo. Perdere contro Sampdoria, Lecce, Parma,
Udinese… A tacere dello sconfortante tonfo contro la Lazio. E’ inutile giraci
intorno, tutti ci saremmo aspettati un’altra classifica a questo punto del
campionato. Ma la squadra deve essere in grado di non farsi condizionare e
vivere l’evento liberandosi di zavorre mentali e di un velato senso di
sfiducia.
Se
potessi togliere qualche giocatore ai nerazzurri e inserirlo tra i granata, chi
sceglieresti?
“E’ dura. L’Inter ha un
organico molto competitivo ed un allenatore in grado di far tirar fuori il
meglio delle potenzialità di ciascun calciatore. Ma dico Nicolò Barella anche perché
credo che il centrocampo sia il punto di crisi del Torino. Un problema antico. E’
quello il luogo nevralgico del gioco. Un gioco che, purtroppo, anche per le
difficoltà in quella zona e la penuria di uomini di qualità non consente
verticalizzazioni e manovre ariose. Barella potrebbe farci davvero molto
comodo…”
Fabio,
da grande tifoso del Toro quale tu sei, come vivi la tua passione granata a
Roma, città in cui abiti ed eserciti la tua professione di avvocato?
“Con grande orgoglio. Anche mio
figlio, tredicenne, tifa Toro a testa alta. Ha seguito la passione di suo padre
e, pur senza averlo mai conosciuto, di suo nonno, capostipite della tradizione
granata in famiglia. Noi siamo tifosi di una squadra speciale, unica, ammirata
per la storia e l’identità che esprime. A Roma la passione per il calcio è
vissuta in modo molto intenso ma sia i tifosi romanisti che laziali hanno
grande rispetto per la nostra identità calcistica. Ne siamo fieri ed il nostro
sentirci un po’ fuori dal coro ci rafforza nella nostra passione. Certo il
lunedì, lui a scuola ed io in Tribunale, quando il Toro vince o perde
catalizziamo i commenti di tutti…Dobbiamo sempre essere sul pezzo…
Cosa
ti auguri per il futuro del Toro?
“Una crescita continua, una
stabilizzazione nella parte alta della classifica. Una dimensione che possiamo
migliorare soprattutto facendo salire l’asticella delle ambizioni. Io credo
nella crescita graduale purché sempre assistita da un progetto. Puntare all’Europa
o alla vittoria della coppa Italia deve diventare la normalità. Nel far ciò non
dovremo mai perdere di vista la nostra storia e le nostre peculiarità. Dalla
valorizzazione del Filadelfia come fucina di “granatismo” al rafforzamento costante
del settore giovanile. Continuo a pensare che dalla Primavera debbano essere
selezionati in buona parte i calciatori “da Toro”. Proprio pensando a quella
distinzione del nostro grande Emiliano Mondonico tra giocatori “del Toro” e
giocatori “da Toro”. Abbiamo bisogno di questi ultimi, anche in un calcio ormai
votato sempre più al freddo business.
Noi siamo il Toro, non una semplice squadra di calcio…”.
Salvino
Cavallaro
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