IL CALCIO TRA ORRORI COMPORTAMENTALI E SENTIMENTI GENUINI


Commento alla lettera di papà Bruno Conti
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13/11/2013 -

Commento alla lettera di papà Bruno Conti al figlio Daniele. Ci sono storie nel calcio capaci di coinvolgerti emotivamente, talora anche per versi diametralmente opposti. Ho appena girato la pagina degli “orrori del pallone”, commentando nel mio editoriale intitolato “Il calcio italiano alle prese con la stupidità sociale”, lo squallore a proposito dell’aberrante comportamento degli ultras della Nocerina. E adesso mi trovo improvvisamente a scrivere di un meraviglioso fatto di cuore legato ai sentimenti profondi che scaturiscono dal calcio e dalla sua imprevedibilità. Ma che cos’è mai questo pallone che ci fa gioire, soffrire, incazzare, emozionare in maniera così estrema, tanto da far proliferare in noi sentimenti che sono posti agli antipodi della persona. Leggendo la lettera di papà Bruno Conti al figlio Daniele, ho provato sentimenti profondi e allo stesso tempo straordinari, che mi hanno riportato al mio essere padre oltreché giornalista sportivo. Una lettera scritta col cuore, che ho voluto riportare interamente per commentarla con voi e per voi. Quasi tutti ricordano il grande passato e le gesta calcistiche di Bruno Conti, giocatore simbolo della Roma e della Nazionale Italiana di qualche anno fa. E tutti sanno anche chi è Daniele Conti, capitano del Cagliari. Ebbene, in occasione della partita di domenica scorsa Cagliari – Torino, Daniele è stato autore delle due reti che hanno sconfitto il Toro per 2 a 1. Dopo aver segnato il secondo gol che ha dato la vittoria alla sua squadra, lo abbiamo visto correre e abbracciare fortemente suo figlio Manuel che era a bordo campo a fare il raccattapalle. La stessa scena l’avevamo vista in un’altra occasione quando Daniele, dopo aver segnato, ha avuto la stessa reazione emotiva abbracciando in maniera intensa l’altro figlio Brunetto (anch’egli raccattapalle ai bordi del campo). Sono scene che non sono tanto usuali in un mondo in cui il dio denaro impone l’ipocrisia dell’apparire, più della naturalezza dell’essere. Ma anche chi guadagna tantissimo, chi vive un mondo a parte, chi sembra viziato da tanti privilegi, ha un cuore. E la lettera di papà Bruno al figlio Daniele, è l’esatta sintesi di quanto detto. “Quell’abbraccio racconta una famiglia, la nostra famiglia…..”, scrive papà Bruno. Una storia generazionale fatta di sacrifici, che si dipana negli anni a partire dal nonno Andrea, muratore e padre di sette figli, per continuare poi con il figlio Bruno, il nipote Daniele e magari anche con i pronipoti Brunetto e Manuel già avviati un giorno a diventare calciatori. Una storia come tante, un racconto del libro della vita il cui voltar delle pagine dà la dimensione esatta del trascorrere inesorabile del tempo. Un passaggio generazionale i cui trascorsi fanno affiorare il senso profondo della vita stessa che si racchiude spesso nei sacrifici fatti per realizzare il sogno di una esistenza. La famiglia Conti, quel sogno l’ha raggiunto. Ce ne sono altre che, nonostante le stesse difficoltà e lo stesso impegno profuso, non hanno avuto la stessa fortuna. Ma c’è qualcosa che li accomuna, ed è il senso dei valori, del calore della famiglia, dell’emozione di essere padre e di raccontare al mondo la propria storia attraverso  l’orgoglio dei figli e dei sacrifici fatti per farli crescere. Si, il calcio è anche questo. Una materia opinabile, capace però di unire quando diventa espressione dei sentimenti legati alla vita.

Salvino Cavallaro                 


Salvino Cavallaro