C’è qualcosa che riesce difficile spiegare
nella vita, ed è quella coincidenza di fatti e situazioni che spesso ti fanno
riflettere sul mistero chiamato destino. Nella settimana della liturgia
granata, in prossimità di un 4 maggio che quest’anno segna il 70esimo anno
della tragedia del Grande Torino, il Toro di Mazzarri sconfigge 2 a 0 il Milan,
si porta a 56 punti in classifica, mentre in piena zona Champions si accinge ad
affrontare un derby che mai come in questa circostanza ha il sapore di un match
dai connotati agonistici ancor più intensi delle altre volte. L’Europa League, il
sogno di partecipazione alla Champions, poi il derby, e quindi la liturgia del
4 maggio a Superga. Una serie di tessere che sembrano incastrarsi perfettamente
in quel puzzle di color granata, che mai come quest’anno si arricchisce di
concretezza e non solo di ricordi, di rimpianti e di funeste commemorazioni. Questo
è un bellissimo momento per il Toro, forse inaspettato ma sognato a lungo. E
hai visto mai che anche il derby che si giocherà all’Allianz Stadium, si colori
di granata portando ancor più in alto il Toro fino a toccare il cielo con le dita?
E chissà che proprio i mitici INVINCIBILI da lassù non abbiano architettato
qualcosa che deve ancora accadere per il Toro, qualcosa che si amalgami
perfettamente in un tutt’uno di situazioni che s’intrecciano tra lacrime di
gioia e commozione, per una storia che non ha eguali e non può definirsi
soltanto calcistica. E’ la storia del Grande Torino, una squadra unica, forte,
imbattibile, legata a un destino incredibile che in un giorno di vento, di pioggia,
in cui il cielo plumbeo non prometteva nulla di buono, ha segnato una tragedia
che andrà oltre il tempo. Ma oggi il Toro gioca ancora una volta contro il
destino avverso per il suo popolo granata, per la sua gente, per un presente
che si riflette sul campo di calcio con il fattivo orgoglio di esibire quella
maglia che per troppi anni è stata solo intrisa di nostalgie lacrimevoli per un
passato che oggi si è tramutato in una realtà di sorrisi e di abbracci verso questo
Toro delle meraviglie che ha assunto i tratti di quel Grande Torino, non fosse
altro per la grinta, la determinazione e la voglia di mettere da parte ogni
senso di sfiga cosmica ricorrente nei lunghi anni in cui c’era bisogno di
crearsi un alibi. Oggi il Toro di Mazzarri è sanguigno, concreto, senza tanti
fronzoli, magari non bellissimo da vedere ma vince, accumula punti in
classifica e non guarda in faccia nessuno. Da capitan Belotti, a Sirigu, a De
Silvestri, Ansaldi, Moretti, Nkoulou, Izzo, Baselli, Berenguer, Rincon, Meitè,
Iago Falque, fino ad giovane di belle speranze come Parigini, tutti si
recheranno a Superga per ripetere una liturgia che da 70 anni si rinnova con
senso di accorata partecipazione collettiva. In tutto questo tempo, tante sono
state le generazioni dei vari calciatori che hanno vestito la maglia granata,
tanti sono stati i capitani del Toro che hanno letto uno per uno davanti alla
lapide di Superga i nomi dei giocatori del Grande Torino, tanti sono stati gli
allenatori, i presidenti, i dirigenti che si sono avvicendati negli anni,
sempre con lo stesso spirito di appartenenza in un’atmosfera in cui il silenzio
diventa davvero assordante. Sì, perché in quel momento tutti capiscono cosa
significa Toro. Anche i più giovani calciatori di oggi che riescono ad abbinare
il significato di vittoria al sentimento profondo di un pallone che oltre al
denaro, alla ricchezza e al privilegio di svolgere un’attività dal benessere
unico, riescono a capire meglio un mondo che racchiude molto altro. Ecco,
diremmo che in questo momento in cui il mondo granata sta gustando un presente
che è figlio della gloriosa storia del Grande Torino, riesca forse per la prima
volta a racchiudere intimamente gioie e dolori, sorrisi e lacrime. Proprio come
fa la vita che ci mette di fronte alla capacità di sorreggere emozioni forti e
contrapposte tra loro. E in questa settimana granata iniziata con la vittoria
sul Milan, che continuerà con la stracittadina torinese e si chiuderà con i 70
anni della morte del Grande Torino, tante cose devono ancora accadere. Da lassù,
loro lo sanno già.
Salvino
Cavallaro
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