C’è qualcosa di indefinibile, di impercettibile nella Juve di questi ultimi tempi. E non è per volere trovare a tutti i costi il pelo nell’uovo, ma ciò che aleggia nell’aria circostante al feudo bianconero sembra qualcosa di strano che fa riflettere. Dopo l’uscita dalla Coppa Italia ad opera di una Roma apparsa ottima squadra ma non irresistibile, la Juve si è rituffata in campionato ripartendo proprio dallo stadio Olimpico di Roma contro la Lazio di Edy Reya. Ebbene, anche in questa circostanza, la Juve di Conte non è sembrata la squadra arrembante, sicura a centrocampo e nelle ripartenze, ma si è evidenziato uno strano approccio alla gara che dava la sensazione di una squadra ferma sulle gambe e stranamente attendista. Ciò che in un primo momento si pensava essere un atteggiamento tattico voluto per aspettare l’avversario e colpirlo poi in contropiede, non è sembrato plausibile anche per l’incapacità dei bianconeri di dare forza alle proprie azioni offensive. Poco movimento senza palla, poco gioco sugli esterni (abituale punto di successo nello scacchiere tattico di Conte) e pochissimi tiri in porta. Abbiamo visto azioni poco convinte che immancabilmente si spegnevano al limite dell’area avversaria. Tevez a dannarsi l’anima e Llorente a tentare di portare su la squadra, lottando talora per mantenere il possesso palla piuttosto che essere messo in condizione di tirare in porta. E così dopo essere andata in svantaggio con un gol di Candreva su rigore e dopo l’espulsione di Buffon al 24’ del primo tempo per atterramento di Klose in area di rigore, la Juve si è trovata ad affrontare il match in dieci uomini per quasi un’ora. Poi, nel secondo tempo, i bianconeri sono sembrati meno impacciati ma sempre lontani dal loro standard abituale. Al 15’ la Juve pareggia con un gol di testa di Llorente, il quale raccoglie un invitante cross di Lichtsteiner. La partita termina in parità dopo aver registrato una traversa di Klose con grande deviazione di Storari e un palo centrato da Keita. Intanto, il giorno dopo la Roma vince a Verona e accorcia le distanze in classifica dai bianconeri, di sei lunghezze. Ma per la Juve, il punto da focalizzare non è aver perso due punti un classifica, ma aver dato la sensazione di stanchezza psico-fisica. Saranno le polemiche dovute alle vicende del mancato scambio tra Vucinic e Guarin, sarà il gossip maligno e destabilizzante che si è instaurato nello spogliatoio della Juve per la presunta relazione di Gigi Buffon con la bella giornalista sportiva di Sky, Ilaria D’Amico, oppure per la separazione di Pirlo da sua moglie. Fatto è che la Juve sembra investita da problemi che vanno a coinvolgere un ambiente che fino a ieri viveva di automatismi fatti solo di pane e calcio. Anche Conte visto a Roma contro la Lazio, nel primo tempo non è sembrato il solito “cane arrabbiato” che tutti conosciamo. Troppo tranquillo il suo atteggiamento, non è da lui. Comunque, a onor del vero, bisogna dire che le 12 partite utili consecutive disputate dalla Juve e la sua attuale posizione in classifica, non danno adito ad allarmismi di sorta. Il prosieguo del campionato ci dirà se le nostre sono autentiche sensazioni, oppure dei dati di fatto preoccupanti. Domenica prossima avremo già una prima risposta, visto che tra le proprie mura la Juve affronterà “l’odiata” Inter di Mazzarri alle prese con un anno calcistico assolutamente da dimenticare. Conte e la sua Juve sono chiamati all’ennesima verifica di squadra che vince e convince. E’ la legge di chi nasce con il concetto radicato che, per scrivere la propria storia, devi vincere per essere primo. Alla Juve, arrivare secondi è stato sempre un insuccesso.
Salvino Cavallaro
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