Palermo e Catania hanno rappresentato da sempre la massima espressione del calcio che conta in Sicilia. Messina ha fatto la sua sporadica comparsa in un andirivieni che ha evidenziato mancanza di continuità e perniciose lacune progettuali, imputabili a personaggi che si sono avvicendati negli anni alla presidenza della società giallorossa. Palermo e Catania, invece, hanno dato esemplare e duraturo senso di appartenenza ai colori sociali, con capacità organizzative e di conduzione societaria che hanno premiato la loro permanenza per lungo tempo nella serie maggiore del calcio che conta. Purtroppo, in questo campionato 2012-’13, i rosanero palermitani diretti dal vulcanico presidente Zamparini sono pericolosamente ultimi in classifica, con la reale possibilità di essere tra le squadre che dovranno abbandonare la Serie A. Traspare un’usurata ed evidente stanchezza da parte del presidente Zamparini che, pur mischiando ripetutamente le carte, (com’è solito fare da anni), questa volta sembra non essere riuscito nell’intento di migliorare un Palermo che affonda le radici profonde in quei suoi problemi sempre tamponati e mai risolti negli anni. Zamparini ha comprato e venduto giocatori, ha messo a libro paga una valanga di allenatori con risultati che sono apparsi più palliativi in grado di tamponare che prese di posizioni adatte a risolvere. Insomma, ci pare davvero che questa volta i nodi del Palermo siano venuti al pettine e il continuo arrampicarsi sui vetri come in passato, non stia dando i frutti sperati. Il Catania di Nino Pulvirenti, invece, è in salute e sta raccogliendo i frutti di quanto ha saputo seminare diligentemente e pazientemente negli anni. Dalla consapevolezza mai abbandonata di essere fondamentalmente squadra di provincia, il Catania ha saputo costruire un’organizzazione societaria e una mentalità tale da non essere più sparagnina con l’unico riduttivo obiettivo di rimanere in Serie A, ma con qualcosa di più importante che significa il tentativo non più recondito di entrare a far parte del calcio europeo, con la testa orgogliosamente alta. Dopo i problemi della sua compagnia aerea (sui quali, peraltro, ancora si attendono chiarimenti ufficiali sulla vicenda tra Windjet e Alitalia) il presidente Nino Pulvirenti ha investito diligentemente e sempre di più nel suo Catania calcio. Il suo non è un fare da padre padrone, ma qualcosa di più democraticamente organizzativo nel pallone che conta. Egli si affida sempre a personaggi che conoscono il calcio e che sono capaci di dargli buoni consigli su questo o quel calciatore magari sconosciuto al grande pubblico ma che presto potrebbe rivelarsi un prezioso investimento per la squadra e per la società stessa. Gli allenatori del Catania non sono stati cacciati, ma sono andati via spontaneamente non perché si trovassero male, ma più semplicemente per andare là dove la carriera e le fortune economiche dessero loro maggiori garanzie. E così, il cambio è avvenuto sempre con sapiente senso del mai rivoluzionare ciò che si era costruito negli anni, cercando sul mercato quelle figure tecniche affini e capaci di continuare il discorso interrotto con il precedente allenatore. Così è successo tra Montella e Maran, due allenatori che hanno sposato immediatamente il credo della società Catania e del suo presidente Pulvirenti. Da sempre sosteniamo che nel calcio non s’inventa nulla e che vittorie e sconfitte non possono essere sempre frutto della fatalità, perché a gioco lungo si evidenziano macroscopicamente errori, ma anche capacità progettuali. Adesso Catania sorride ed è sotto i riflettori dei media, i quali non la vedono più come una piccola squadra di provincia ma come una società rispettabile e una compagine in grado di mettere in difficoltà chiunque; sia al Massimino, che fuori casa. Diamo dunque atto al presidente Pulvirenti di avere costruito negli anni con pazienza e abnegazione, questo straordinario giocattolo rotondo che si chiama pallone siciliano e che sta per diventare europeo. Lui è giustamente orgoglioso di rappresentare la sua terra di Sicilia, i siciliani, ma anche la sua città rappresentata da quell’elefante che è l’emblema di forza e carattere nel volere uscire fuori da un anonimato che ormai le sta davvero troppo stretto. Adesso comincia il bello, gentile presidente Pulvirenti. I catanesi e i siciliani orgogliosi del pallone fatto in casa, la invitano a stringere i denti dal punto di vista economico e finanziario e di continuare sulla strada intrapresa con successo, senza la tentazione di vendere per speculare. Questo significherebbe distruggere in un attimo ciò che lei ha sapientemente costruito nel tempo. E, se alla Sicilia mancherà momentaneamente l’affascinante derby tra le due città da sempre rivali, sarà ugualmente orgogliosa di te, Catania, e del tuo percorso (speriamo) europeo. Ad Maiora, Catania!
Salvino Cavallaro
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