Juventus –
Lazio = 2 a 0. Gol di Pjanic al 30’ e di Mandzukic al 75’
Se Cristiano
Ronaldo non ha segnato, non è un caso. La Juventus di Allegri è una Ferrari
tirata a freno, quasi sminuita della sua grande potenzialità tecnica che non riuscire
a trovare né trame di gioco, né capacità di imporsi all’avversario. La Juve
vince e non convince, così com’era successo una settimana fa a Verona contro il
Chievo, anche all’Allianz Stadium nella sua prima partita casalinga, la Vecchia
Signora ha svolto il compitino dei sufficienti in maniera risicata. Trascinati
dall’euforia generale in uno stadio sold out che non è più una notizia, la
squadra di Allegri si è disposta in campo con un 4-3-3 iniziale che in realtà
si è poi materializzato con un 4-4-1-1 per effetto di un Mandzukic che vera
punta non è più da tanto tempo e un Bernardeschi le cui caratteristiche
tecniche secondo noi, dovrebbero essere sfruttate più da mezz’ala piuttosto che
da esterno. Così, a conti fatti, l’unico vero attaccante è stato CR7 il quale è
apparso spesso solo. Riteniamo che questo fenomeno di giocatore debba essere
supportato maggiormente dai compagni di reparto e servito a dovere. Questo non
è stato a Verona e neanche a Torino. Il suo continuo scattare velocemente deve
essere concepito e supportato da meccanismi perfetti che prevedono passaggi
precisi e soprattutto tempestivi. E invece la Juve, soprattutto all’inizio del
secondo tempo, invece di fare il proprio gioco e chiudere la partita, si è
preoccupata di disporsi in maniera bassa per contenere una Lazio che con il suo
3-5-1-1, ha subito pensato di limitare i danni. Certo, ci rendiamo conto che
siamo solo all’inizio e che Max Allegri stia cercando di capire come guidare
questa Formula 1 che la società gli ha consegnato, tuttavia, prescindendo dallo
stato atletico e fisico che a questo punto della stagione non può logicamente essere
eccelso, ci lascia interdetti questa forma mentale che verte più sulla
preoccupazione dell’avversario di turno, piuttosto che realizzare la
consapevolezza della propria forza tecnica. Durante tutta la partita abbiamo
visto molti errori, passaggi sbagliati, poco movimento senza palla (l’unico è
stato CR7), mancanza di gioco sugli esterni (migliorato un po’ con l’ingresso
in campo di Douglas Costa) e poi troppi lanci lunghi a saltare il centrocampo,
che sono state immancabili prede dell’avversario. Insomma, Allegri deve
lavorare molto su questa squadra, diminuendo magari quel tentativo di smorzare
i facili entusiasmi dell’ambiente. Giusta la saggezza riguardante la
scontatissima frase fatta, in base al quale contro la Juve tutte le squadre giocano
la partita della vita, tuttavia, è assolutamente necessario rinforzare un’autostima
che non vuole essere presunzione ma consapevolezza nei propri mezzi. Se questa
Juve è stata costruita per vincere tutto, perché la squadra di Allegri con
cotanto fenomeno in campo e una straordinaria panchina da vertice alto,
continua a preoccuparsi dell’avversario piuttosto che dare prova di un gioco e
di un’identità che non ha? Per quanto riguarda la Lazio di Simone Inzaghi
abbiamo notato un’involuzione di gioco rispetto allo scorso campionato. Troppo
solo è apparso Immobile in attacco e Milinkovic Savic non riesce a fare quella
differenza che si richiede a un campione della sua levatura. Anche Inzaghi ha
molto da lavorare, sperando che resti fuori dalle polemiche con il presidente
Lotito.
Napoli –
Milan 3 a 2. Gol di Bonaventura al 15’, Calabria al 49’, Zielinski al 53’ e 67’,
Mertens all’80’.
Anche il Napoli di Carletto Ancelotti vince
la sua seconda partita di campionato e si trova in testa alla classifica
ribattendo la vittoria della Juventus. Alla vigilia questo match era stato presentato
come il confronto tra il maestro (Ancelotti) e l’allievo (Gattuso), ma sul
campo ci si è resi conto che sono sempre i calciatori che destinano i risultati
di una partita. Andati sorprendentemente in vantaggio con Bonaventura e
Calabria, i rossoneri di Gattuso si sono sciolti come neve al sole dopo il
primo gol di Zielinski. Sembra quasi un delitto questa sconfitta del Milan che
ha mandato in malora un inizio di partita scoppiettante a discapito di un
Napoli che ha subito uno strano blackout iniziale. Ma questo Napoli ha il
merito di averci creduto fino alla fine, trasportato da un pubblico che come da
copione ormai consumato ha fischiato il “core ingrato” Higuain, presentatosi al
San Paolo con un’altra maglia. L’argentino non ha brillato, ma ha l’attenuante
di doversi ancora ambientare nel gioco di squadra voluto da ringhio Gattuso. Ma
la rimonta strepitosa del Napoli sul Milan ha due verità: la forza di non
demordere mai della squadra di Carletto Ancelotti e la mancanza di carattere
del Milan di Gattuso che, naturalmente, è stato penalizzato dal fatto di non
avere potuto giocare la prima di campionato per i noti fatti accaduti a Genova.
Comunque, c’è da dire che l’emozione e il tifo trascinante del popolo
partenopeo è stata la chiave del successo di un Napoli che ha alternato cose
buone ad altre meno interessanti, tra difesa, centrocampo e attacco. Il Milan
dal canto suo deve invece recitare un “mea culpa” grandioso che serva da
lezione per i tanti impegni che verranno.
Salvino
Cavallaro
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