Antonino Asta è tornato in
panchina a ottobre dello scorso anno. Attualmente allena la Pistoiese in Serie
C, dopo avere affrontato le esperienze con Monza, Bassano Virtus, Lecce,
Feralpi Salò e Teramo. Da giocatore è stato capitano ed anima vera di un Torino
sanguigno, vero, capace di fare emergere antichi valori legati alla grande
storia granata. Nato ad Alcamo il 17 novembre del 1970 è arrivato non più
giovanissimo ad essere illuminato dai riflettori del calcio professionistico.
Ha giocato con il Saronno, col Torino, con il Napoli e il Palermo. Ma è nelle
fila del Toro che ha costruito il suo vero senso di calciatore esterno di
fascia con caratteristiche da vero capitano. La leadership instaurata nello
spogliatoio di quel suo Toro, è stata provvidenziale nell’inculcare ai suoi
compagni di allora cosa volesse dire indossare la maglia granata. E non è un
caso che tutti i suoi derby giocati nel Toro, hanno sempre avuto il gusto di un
agonismo intenso e sempre pronto ad affilare i bulloni delle scarpe per rendere
difficile la vita alla Juve. Potremmo definirla una vita da derby con l’essenza
da Toro. Così, in occasione della prossima stracittadina torinese, abbiamo
pensato di intervistarlo per capire cosa ne pensa.
Tonino,
come vanno le cose con la Pistoiese?
“Bene. Ci siamo salvati e
questo è quello che conta. Adesso si programmerà il futuro. Per quanto mi
riguarda, devo verificare alcune cose prima di decidere cosa fare. Vedremo.”
Parliamo
del derby. Juve già campione d’Italia e Toro con l’entusiasmo di chi vuole
entrare in Europa e magari in Champions. Che derby sarà?
“I derby in genere non danno
mai una motivazione in più o in meno rispetto alla situazione di classifica. Il
derby è derby, comunque sia. Tuttavia, penso che dopo la partita contro il
Milan, il Toro cerchi di vincere questa gara non solo perché c’è la Juve ma
anche perché si trova in una situazione importante di classifica. E’ brutto
dire che i granata sono favoriti dal momento attuale, perché il derby sfugge
sempre ad ogni pronostico. Io spero che il Toro mantenga questa spensieratezza,
questa libertà mentale che gli permetta di fare una bella partita, pur sapendo
che la Juve non ci starà a perdere il derby soprattutto in casa.”
Cosa
ti piace del Toro di quest’anno. Pensi che sia la vera rivelazione di questo
campionato?
“Aspetterei ancora la fine del
campionato per dare una risposta precisa a questa domanda. Il Toro sta davvero
facendo qualcosa d’importante e in questo senso potremmo ritenerlo come la
rivelazione del campionato. Negli altri anni gli si chiedeva la continuità che
poi non ha mai avuto, mentre quest’anno ha trovato proprio quella regolarità di
risultati che gli ha permesso di andare avanti. Con questa voglia, questa
determinazione e con quel non accontentarsi mai, si può essere determinati ad
ambire di entrare in zona Champions.”
Dal
punto di vista mentale, pensi che per il Toro sia finalmente arrivata la
convinzione di essere squadra da vertice?
“Questo va a pari passo di
quello che dicevo pocanzi. Già l’anno scorso il Toro ha alzato l’asticella e la
ricerca della continuità ha fatto sì di raggiungere una maturità proficua nel
migliorare la propria autostima. Ho apprezzato molto che il Torino negli ultimi
anni abbia corretto sempre i suoi errori. Adesso è arrivato il momento di prendersi
le meritate soddisfazioni.”
Di
questo ottimo momento granata, dai grandi meriti a Mazzarri oltre che alla
squadra?
“Sicuramente. Come in tutte le
squadre l’allenatore ha la sua importanza. Dirti che Mazzarri è un valore
aggiunto di questo Toro, per me che sono allenatore è semplice. E’ anche vero
che sono i giocatori che vanno in campo e la verità sui meriti e demeriti dovrebbe
essere ripartita in parti uguali. Tuttavia, nell’immaginario collettivo del mondo
del calcio, se perdi è sempre colpa dell’allenatore con pochi demeriti dei calciatori,
se vinci è solo merito dei giocatori. Ecco, io credo che ci sia sempre una via
di mezzo nel valutare le varie situazioni.”
D’accordo,
il derby è sempre una partita a parte. Ma non credi che per il Toro sia un piccolo
vantaggio affrontare la Juve in questo momento?
“Questa è una domanda cui è
difficile dare una risposta ben precisa. La tua può essere una lettura giusta,
ma dall’altra parte c’è da considerare che perdere la stracittadina non piace a
nessuno. Mancano ancora quattro partite ed è impensabile che la Juve possa
affrontarle in maniera svogliata e non da seria professionista. E’ logico che
se penso a una squadra che ha maggiori motivazioni in questo derby, certamente
il Toro ha un teorico minimo vantaggio che non è trascurabile.”
Tonino,
cosa ricordi dei tuoi trascorsi granata e dei derby vissuti intensamente?
“Ricordo che la settimana prima
della partita c’erano sempre gli sfottò dei tifosi da una parte e dall’altra.
C’era l’attenzione dei tifosi del Toro che venivano al campo d’allenamento a
caricarci per questa partita. Per questo dico che il derby di Torino non è una
partita come le altre, non può esserlo né ora e né mai. Ci sono delle emozioni,
delle sensazioni che sono diverse e vivi in maniera intensa. Personalmente non
potrò mai dimenticare quel famoso 3 a 3 che resta tra i miei ricordi più belli
della mia carriera di calciatore. “
Quale
significato ha avuto per te essere stato il capitano del Toro?
“E’ stato molto importante dal
punto di vista umano perché mi ha dato modo di crescere ancora di più, anche se
quella fascia da capitano l’ho raggiunta a quasi 30 anni. Mi ha dato una
responsabilità diversa nel bene e nel male, anche nel farmi carico dei momenti
negativi e di trovare delle motivazioni in tutto quello che facevo. Devo dire
ancora oggi grazie a Giancarlo Camolese, perché volle affidarmi quella fascia
da capitano che mi ha responsabilizzato molto. Non solo a Torino, ma anche in
altre città mi ricordano affettuosamente come il capitano del Toro. Ecco,
questo per me è motivo di grande soddisfazione.”
Un
pensiero sul 70esimo anniversario della tragedia del Grande Torino.
“E’ già un successo che la data
del derby sia stata cambiata. Il 4 maggio sarebbe stato davvero impossibile
affrontare un derby. Quel giorno l’ho vissuto intensamente in quegli anni che
sono stato capitano del Toro. Leggere i nomi dei grandi campioni del Torino
davanti alla lapide di Superga, per me è stata una grande emozione che mi ha
fatto capire cosa significa giocare nel Toro. Lì te ne accorgi ancor di più,
perché quando il silenzio diventa assordante come in quei momenti, ti sembra di
aver vissuto anche tu quella tragedia. E intanto sei portavoce del popolo
granata, della sua storia, della sua tragedia. E’ una cosa che deve restare per
sempre. E’ un evento da commemorare con sacro rispetto. Grande onore per quegli
INVINCIBILI.”
Tonino,
ti manca un po’ il Toro?
“Mi mancherà sempre. Seguo
sempre il Toro e i suoi risultati. E poi come potrei dimenticare certe radici
che parlano di me come giocatore per 5 anni di cui 2 da capitano, e poi 7 anni
da allenatore nel Settore Giovanile Granata. Sono troppo legato affettivamente
al Toro e alla città di Torino, dove torno sempre e ho tanti amici. Il Torino è
come la mia carta d’identità.”
Salvino
Cavallaro
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