Il popolo granata gli sta preparando una
grande festa e il Gallo Belotti, assieme ai suoi compagni, sta pensando di cedergli
la fascia di capitano proprio nella sua ultima partita. Emiliano Moretti, 38 anni, 600 partite giocate in Serie A, 6 stagioni
al Torino dopo avere indossato le maglie di Fiorentina, Juventus, Modena,
Bologna, Valencia e Genova, una carriera da calciatore eticamente perfetta,
chiude con il calcio giocato. Lo ha ufficializzato nel corso della conferenza
stampa cui ha partecipato anche il presidente Cairo. Un attimo di inevitabile
commozione ha assalito Moretti nel momento in cui si è rivolto ai presenti
dicendo: “Grazie Toro, è il momento giusto”. Una
parabola calcistica, la sua, che sa di storia, di dedizione al lavoro, di alto
senso dell’appartenenza che sfocia immancabilmente nella serietà di un
professionista che ha fatto del pallone la sua vita, il suo lavoro. Un ricordo indelebile che è scritto tra le pagine
del suo libro personale e fa da esempio a tanti giovani che amano il calcio e
intorno ad esso ne costruiscono i propri sogni. Sembra incredibile che attorno
a calciatori come Emiliano Moretti
si costruiscano percorsi di sport e di vita da far riflettere, annullando per
una volta i qualunquistici pensieri di calciatori ricchi, strapagati e senza
anima. Non è così, perché pur vivendo in un mondo particolare che ti dà
indubbiamente benessere e notorietà, c’è sempre il risvolto umano che deve
essere rispettato. E quando si parla di emozioni, di brividi che scorrono come rigagnoli
sulla schiena, di lacrime che avvalorano la sensibilità della persona, allora
possiamo parlare di grandi uomini che vanno sempre oltre ogni cosa. “Domenica contro la Lazio sarà l’ultima
volta che mi vestirò da calciatore” dice Moretti al centro della sala
stampa dello stadio Grande Torino, mentre il presidente Cairo e Walter Mazzarri
seduti accanto a lui lo ascoltano in religioso silenzio. E mentre tutti i suoi
compagni di squadra presenti assieme alla moglie di Emiliano e i figli che sono
seduti in prima fila, Moretti continua il suo discorso rotto dall’emozione: “Questo non è un momento facile per me –
sono contento, sono felice perché chiudo una parentesi importante e bellissima
della mia vita. La chiudo cosciente di stare ancora bene, e quindi ringrazio il
presidente Cairo, Walter Mazzarri per avere provato a convincermi di cambiare
idea, ma credo che sia il momento giusto. Devo dire grazie alla mia famiglia e
a tutte le persone che mi hanno dato qualcosa dentro e fuori dal campo”. Già,
le persone che gli hanno dato qualcosa dentro e fuori dal campo! Un po’ come
dire che anche in questo mondo del pallone così particolare e ricco di denaro,
c’è sempre bisogno degli altri, di non sentirsi soli facendo un distinguo tra
millantatori e persone perbene. Significa restare coi piedi per terra, significa
non fare voli pindarici e non abbandonarsi a effimere illusioni di onnipotenza.
C’è l’uomo con tutte le sue fragilità, c’è il campione che rincorre il pallone
per tanti anni e poi si accorge che nulla è per sempre. E’ una legge di vita
che non risparmia nessuno e che rende il gusto dolce – amaro delle cose fatte
senza rimpianto alcuno. Ecco, pensiamo davvero che in quella conferenza stampa
così nutrita di colleghi, amici, affetti più cari di Emiliano Moretti, siano
passati alla mente questi pensieri, queste riflessioni di vita che
immancabilmente rispolveriamo in questi momenti. E allora diciamo grazie A
Emiliano Moretti che chiude con il calcio giocato, ma continuerà ad essere
utile al Torino magari in veste di dirigente della società granata.
Salvino
Cavallaro
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