ALLEGRI: ”CONTRO LA JUVE FANNO TUTTI LA PARTITA DELLA VITA”


Mai banalità fu più grande nell’affermare che
contro la Juventus ogni squadra moltiplica le proprie forze per incorniciare la
partita della vita. Ma qual è la novità? Qual è la notizia? E’ come parlare del
nulla, visto che quando la Juve perde fa felice mezza Italia, quella non
bianconera. Tutte le volte che il Max della Juve si presenta davanti alle
telecamere dopo una bruciante sconfitta, non fa altro che ripetere ciò che
sanno tutti, che hanno visto e vissuto tutti. Dopo le sconfitte ad opere di
Inter, Milan (campionato e supercoppa) e Genoa, anche a Firenze la Vecchia
Signora d’Italia esce a testa bassa dal campo, completamente cosciente d’aver
disputato un primo tempo da dimenticare e un secondo tempo che non ha sortito
gli effetti desiderati di una reazione da grande squadra che non c’è stata. La
Fiorentina di Paulo Sousa ha dominato in lungo e largo, infliggendo una vera
lezione di calcio agonistico, di ordine tattico e di grande aggressività. E’ il
calcio di chi sa che la squadra che hai di fronte ti sovrasta dal punto di
vista tecnico e che c’è solo un modo per superarla, attraverso l’intensità
agonistica, il pressing alto e asfissiante, mettendo anche grande concentrazione
nel non concedere una minima occasione all’avversario. E la viola, con una
stadio Franchi colmo fino all’eccesso, quel compito l’ha eseguito con grande diligenza,
agevolata com’è stata da una Juventus che in campo non si è mai vista. Troppi
sono stati gli errori tecnici e troppe le macroscopiche confusioni manifestate
da una squadra amorfa che è sempre stata in balìa dell’avversario. Ma a
prescindere dalla solita banalità che fa sempre capo alla Juve che stimola l’avversario
a far la partita della vita, ci sembra di poter dire che gli sbagli di Allegri
stiano diventando purtroppo una costante negativa per la squadra. Soprattutto
fuori casa, la Juve è messa in campo per contenere l’avversario e cercare di
ripartire. Al contrario delle partite casalinghe allo Juventus Stadium, in cui
i bianconeri, fin dall’inizio, aggrediscono l’avversario attraverso un gioco corale,
una difesa a quattro, tre centrocampisti, un trequartista, una mezza punta e
una punta effettiva di ruolo. Una disposizione tattica che vede due centrali di
difesa, due esterni (Lichtsteiner, Alex Sandro) tre centrocampista (Marchisio,
Kedira, Sturaro) un trequartista (Pjanic), una mezza punta che agisce dalla
trequarti campo in avanti (Dybala che aiuta sia Pjanic che Higuain) e una
classica punta pronta a segnare (Higuain). Fuori casa, come a Firenze, Allegri
schiera la difesa a tre ( la vecchia BBC), cinque centrocampisti con il
confusionario Cuadrado che funge da esterno alto, porta palla, qualche volta
salta l’uomo e cento altre volte cade a terra. E poi? Già, dimenticavamo la “magnifica”
idea di far girare a vuoto per il campo un Dybala che si fa trovare nella zona
della difesa, di centrocampo, di esterno destro e sinistro, con l’obbligo di
stare larghissimo e quasi attaccato alla linea laterale. Ma come potrà mai questo
talento argentino, sacrificato com’è nelle partite fuori casa, ad arrivare in
porta, segnare e/o aiutare Higuain che resta immancabilmente solo? E poi, a
parer nostro, sarebbe pure opportuno chiedersi perché Kedira che cammina e non
corre, sia sempre in campo senza mai incidere. E persino Marchisio non sembra
più lui. Certo, mancando Pogba, Vidal e Pirlo, la situazione è cambiata di
molto, ma non si può certo dire che questa squadra non sia infarcita di
campioni capaci di fare la differenza. E per fare questa differenza è
necessaria una quadratura del cerchio che si chiama assetto tattico soprattutto
a centrocampo, che si chiama ordine, che si chiama collegamento tra i reparti,
linearità di manovra e verticalizzazione di gioco che fa capo a un pressing
alto e continuo. Ma, per fare questo, ci vuole grande preparazione fisica,
mentale, intensità e tenuta continua. Certo, ha un bel dire il Max della Juve
che non c’è nessuna squadra al mondo che riesce ad avere un possesso palla per
60 o 70 minuti della partita. E’ vero, nessuno pretende che questi giocatori
vestiti con la maglia bianconera diventino dei marziani capaci di vincere
sempre e magari stravincere il campionato anzitempo. Si chiede più
semplicemente di vedere un calcio consono alle reali capacità tecniche e
agonistiche, fatto da campioni quali essi sono. Ma è il direttore d’orchestra
che deve prima di ogni altra cosa avere le idee chiare sulla sua squadra, sulle
caratteristiche tecniche di ognuno di loro e assemblarli ad una formula tattica
definitiva. E anche se ci si rifugia dietro al paravento dei discorsi che la Juve
è prima in Campionato, che si è qualificata per gli ottavi di finale di
Champions ed è in corsa per la Coppa Italia, oggi, 16 gennaio 2017, dopo sei
mesi di partite, vediamo ancora troppa confusione e insicurezza, basti vedere
Allegri che continuamente si rivolge al suo secondo Landucci per sapere cosa ne
pensa, cosa fare, cosa cambiare, quando e chi togliere. Noi riteniamo che
Barzagli e Chiellini debbano cominciare a stare in panchina e fare gruppo con
la squadra, dando spazio a un Rugani che ha già ampiamente dimostrato l’eleganza
di gioco e maturazione personale . E poi Marko Pjaca deve essere considerato di
diritto un titolare. Lui ha i numeri per diventare un punto fermo di questa
Juve. E adesso ci si aspetta una partita d’orgoglio contro la Lazio, tra le
mura casalinghe. Noi siamo pronti a scommettere che vedremo un’altra Juve,
proprio per l’analisi che abbiamo fatto fin qui. Ma a partire dalle prossime
partite fuori casa, vedremo la stessa Juve dello Stadium? Chissà! D’altra parte,
sia in casa che fuori, tutti vogliono fare la partita della vita contro la
Juve. Vero mister Allegri?
Salvino
Cavallaro