Nello
Santin è uno dei gregari rossoneri che tanto hanno dato per la
causa del Milan, contribuendo alla conquista di Coppe e scudetti (memorabile
l’incredibile salvataggio sulla linea della porta, con Cudicini battuto nella
semifinale di Coppa dei Campioni contro il Manchester United nel 1969). Da
calciatore maturo emigra al Lanerossi Vicenza e poi al Torino, dove vince lo
scudetto con l’allenatore Gigi Radice nel campionato 1975-‘76. Nato a Eraclea
(Ve) il 3 luglio del 1946, Nello Santin alla fine degli anni sessanta è entrato
in quel ciclo d’oro del Milan di Rocco e Rivera che ha vinto tutto. Oggi, in
occasione della prossima partita che il Milan giocherà all’Allianz Stadium
contro la Juventus, lo abbiamo intervistato per parlare dell’attuale crisi del
“Diavolo rossonero”.
Nello,
che idea ti sei fatto dell’attuale crisi del Milan?
“La crisi del Milan è figlia
dei presidenti che nulla centrano con il calcio, ma volevano sfruttare
l’occasione per investire e guadagnare altri soldi. Peccato che prima i cinesi,
poi il Fondo Elliot divenuto proprietario del club rossonero per
l’inadempimento dei prestiti ottenuti dagli stessi cinesi, non conoscono di
fatto il mondo del calcio. L’idea era di fare un business, e invece questo è il
risultato”.
Quindi,
tutte le colpe di questo stato di cose milaniste sono attribuibili ai
proprietari della società rossonera?
“E’ proprio così, perché si era
ventilata questa storia di magnati che volevano fare il loro sporco gioco, e
purtroppo dietro di loro sono andati dei personaggi che di calcio ne masticano davvero
poco”.
E
veniamo a discorsi più tecnici. Secondo te la squadra di Pioli crea un po’ di
più di quella di Giampaolo?
“Ho visto una piccola reazione
dopo l’innesto del nuovo allenatore. Tuttavia, posso dire che è ancora poca
cosa rispetto a quello che si attendono i tifosi milanisti, i quali sono
abituati a giocatori di una certa classe, capaci di inventare il gioco con
destrezza, rendendolo piacevole ai buongustai del calcio. E invece, c’è poco
materiale tecnico in questa squadra”.
Da
più parti si parla di un Milan senza ossigeno, ma la paura di perdere
condiziona la squadra. Potrebbe esserci una causa psicologica?
“Potrebbe essere una delle
tante cause, ma ritengo che i giocatori risentano dei grossi problemi della
società e fanno ancor più fatica a essere concentrati in campo. Se avessero
alle loro spalle una società in grado di sollevare tutti i loro problemi,
invece di acuirli, le cose andrebbero diversamente. Mi dispiace vedere uscire
dal campo i giocatori a testa bassa e sotto un nugolo di assordanti fischi.
Credimi, è demotivante”.
E,
infatti, a questo punto del campionato, il Milan deve necessariamente guardarsi
alle spalle. Altro che pensare alla Champions........
“Anche questa è un’altra storia
vergognosa, visto che dall’inizio hanno sbandierato ai quattro venti che questa
squadra avrebbe avuto tutte le potenzialità di far parte della Champions del
prossimo anno. Qui bisogna pensare a restare in Serie A, altro che Champions.
Non è giusto illudere i tifosi, quando chi sa di calcio si accorge subito che è
stata formata una squadra di giovani che nulla hanno fatto di concreto! Una o
due partite a livello mediocre e poi basta, tutto finito. Questi giocatori non
sono assolutamente da Milan, perché i suoi tifosi vogliono vedere calciatori di
classe che possono inventare qualcosa. Questi, quando hanno terminato la
benzina ritornano ad essere dei giocatori normalissimi e nulla più. E’ un
brutto inizio, questo per il Milan!”.
Secondo
te, è più giusto imputare di colpe il solo reparto difensivo, oppure è la
squadra nel suo complesso a non essere all’altezza?
“Certo, il reparto difensivo è
quello che è maggiormente sottoposto agli sbagli, perché se becchi gol è il
momento in cui ci si dà la colpa l’uno con l’altro. Ritengo invece che non sia
solo quello il problema, perché quando parliamo di squadra si parla di
collettivo e di reparti che devono aiutarsi vicendevolmente ad affrontare
l’avversario, Attaccanti e centrocampisti devono partecipare anche al gioco
difensivo, proprio quando non si ha il possesso palla. A situazione inversa,
invece, anche i difensori possono diventare a loro volta centrocampisti e
attaccanti. C’è poi un’altra cosa che ho notato, ed è la cocciutaggine di far partire
l’azione da dietro con piccoli passaggi che vanno dal portiere al difensore, ai
centrocampisti e, se poi va tutto bene, arrivare alle punte. Per far questo
devi avere i piedi buoni, possedere un tasso tecnico che i giocatori del Milan
non hanno. Quindi, certi atteggiamenti tecnici e tattici, lasciamoli fare a
squadre come il Barcellona. Questo Milan per evitare di prendere gol, deve
lanciare la palla lunga e pedalare, esattamente come si faceva una volta. Ciascun
faccia di necessità virtù, altrimenti sarà proprio dura!”.
E’
poi non c’è un vero leader, un capitano capace di creare un gruppo. E’ vero?
“Sono assolutamente d’accordo.
Non c’è un leader nello spogliatoio, nel campo, nelle cene, nel fare le interviste.
Ai nostri tempi avevamo tre o quattro giocatori rappresentativi capaci di
sistemare le cose e non c’era bisogno di accompagnatori o di ex calciatori che
smettono di giocare e vogliono fare i presidenti delle società senza averne
l’esperienza necessaria. Ritorno a dire che il Milan manca di una società
solida, capace di gestire bene le cose interne senza fare interferire
dall’esterno ciò che dovrebbe far parte della propria casa. C’è anarchia,
perché al Milan tutti comprano, tutti parlano, tutti vendono e non si capisce
più niente. E’ davvero un macello!”.
In
conformità a quello che stai dicendo, mi sembra che sei sostanzialmente
d’accordo con Fabio Capello, il quale nel corso di un’intervista a “Radio
Anch’io”, ha affermato che i giocatori del Milan non sono di livello, che
giocano con la paura addosso e non rendono per il loro valore.
“La sostanza è questa, ma ci
vuole anche un allenatore che sappia mettere bene in campo i giocatori, che li
faccia correre bene e impartisca chiaramente il proprio credo calcistico”.
E
allora Pioli non va bene?
“Non è questo il punto, perché
a ogni allenatore bisogna dare del tempo per lavorare. Non si può fare così come
ha deciso il Milan, il quale ha sostituito in fretta e furia Giampaolo.
Personalmente avrei continuato a lavorare con lo stesso allenatore, perché come
ti ho già detto, non è il tecnico il vero problema del Milan, ma è la società”.
E
adesso, all’orizzonte si profila l’incontro con la Juve. Che partita sarà
secondo te?
“Nelle due ultime partite contro
il Genoa e il Toro, io non ho visto una grande Juventus. Sono ancora in attesa
di ammirare tutto questo bel gioco che Sarri ha promesso. Tuttavia, con un
Milan in queste condizioni è facile pronosticare un risultato a favore della
Juve. Piuttosto, mi auguro davvero che la squadra di Pioli non vada incontro a
un’altra figuraccia”.
Salvino
Cavallaro
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