6…..6…..6….SEMPRE JUVENTUS


33mo scudetto, il sesto
consecutivo. E la Juventus entra nella leggenda. Ci sono storie nel calcio che ci
piace raccontare al di là delle passioni sportive di parte che vanno oltre ogni
spicciolo antagonismo discriminatorio, capace di precludere quell’onestà
intellettuale che nello sport è necessaria quando devi congratularti con
l’avversario. Ma davanti al raggiungimento di traguardi così importanti, come
quelli raggiunti dalla Juventus, c’è davvero da complimentarsi per una laurea
sportiva senza precedenti. Sei scudetti consecutivi parlano chiaro di una
superiorità che non può essere confusa con sentimenti contrari all’oggettiva forza
di una Juventus il cui progetto di vittorie e organizzazione interna, si erge
sempre come qualcosa da imitare. Non è facile scrivere delle belle pagine che
entrano nel libro della storia del calcio. Sono i fatti che parlano chiaro e
che non si possono confondere con discorsi minimalisti, fatti di presunti
favoritismi e qualunquistici pensieri di aiuti immaginati dietro l’angolo. La
Juve, dopo avere conosciuto malinconicamente l’esperienza della Serie B, aveva
bisogno di rivalutare un’immagine opacizzata dai fatti di calciopoli. A ragione
o a torto del danno subito, la società ha cambiato i suoi vertici, si è
rimboccata le maniche, ed ha cominciato a lavorare per riprendere presto il
ruolo di squadra che le compete. Prima dell’avvento alla presidenza della
Juventus di Andrea Agnelli, c’erano tante nuvole sul cielo di Torino.
Preoccupanti interrogativi di continuità di una casata che si pensava cedesse
al tempo e che non fosse più all’altezza di uno stile chiamato Juventus, che
era nelle corde dell’Avv. Giovanni Agnelli e di suo fratello Umberto. Ma dal
2011, dopo l’inaugurazione dello Juventus Stadium, tutto è ritornato come
prima, anzi meglio di prima. La Vecchia Signora, con Andrea Agnelli, Giuseppe
Marotta, Pavel Nedved e Fabio Paratici, va alla conquista di vittorie e record
che la faranno entrare nella leggenda. E’ la capacità di sapere gestire con
successo l’azienda calcio fatta di aumenti di capitale, di fatturato che lievita
grazie anche al merchandising, agli sponsor, alle televisioni, ai lauti
introiti derivanti dalle varie partecipazioni europee e alle plusvalenze di
calciatori acquistati a poco e rivenduti a prezzo esorbitante. E poi c’è la
capacità di sapere scegliere gli uomini giusti al posto giusto. Prima con Conte
– anima juventina – e poi con Allegri – non voluto dalla piazza bianconera –
Andrea Agnelli ha insistito contro tutti, puntando su quello che a gioco lungo
si rivelato il vero cavallo vincente. Ma c’è anche la capacità di non sbagliare
mai un acquisto o una vendita, perché tutto è ponderato in base agli obiettivi
che si vogliono raggiungere. E’ la Juve di cui tanti ne vorrebbero emulare la capacità
gestionale, carpire i segreti di tanto successo, ma che ipocritamente si
nascondono dietro una forma di malcelata invidia, che diventa persino antipatia
per chi vince troppo e rende il campionato monotematico. Ma il calcio è fatto
di cicli più o meno lunghi. Questi sono gli anni della Juventus che significano
6 anni di scudetti di seguito, tre continue conquiste di Coppe Italia,
Supercoppe e appuntamenti festanti che si ripetono puntualmente per le strade
di Torino, a partire da quella Piazza San Carlo che è il salotto della città
Sabauda. Ma, nonostante tutto, manca ancora qualcosa da conquistare. La più
grande, la più attesa, la più fortemente voluta Champions League che ronza nel
cervello della società e di tutti i tifosi bianconeri a partire dall’inizio
della stagione 2016’17. Quella notte del 3 giugno non ci saranno più le nuvole
sul cielo di Cardiff. Sì, perché tutto sarà più chiaro come 6 anni fa, quando la
storia recente della Vecchia Signora cominciò con quell’obiettivo di conquistare
una Champions spesso sfuggita per un soffio. Non c’è due senza tre, e la Juve
sa che quel 3 ha il significato di un anno di calcio che scolpirà sulla roccia
ogni momento, ogni attimo mai fuggente che ne ha segnato le emozioni, i brividi
sulla pelle di una storia diventata leggenda.
Salvino
Cavallaro