QUELL’ULTIMA VOLTA DI FRANCESCO TOTTI


Ogni inizio pregiudica sempre la fine di ogni
cosa. E’ la dura legge della vita che non fa sconti a nessuno, neanche a coloro
i quali per lungo tempo si sono illusi inconsciamente di essere immortali. Si
spengono i riflettori, si lasciano gli angoli, i personaggi che ti hanno
accompagnato per una vita e si allontanano i ricordi di tante cose fatte con
fatica ma anche con tanta passione. Francesco
Totti è il campione che dismette quella maglia giallorossa numero 10 della
Roma, che ha indossato ininterrottamente per 25 anni. Capitano di lungo corso,
Totti è vera Leggenda. Eppure, dopo tanti anni vissuti sempre nell’anima dell’unica
squadra del suo cuore, sembrava quasi voler resistere al tempo, confortato com’è
stato di tanto smisurato affetto da parte dei tifosi giallorossi. Il popolo
romanista che si è sempre schierato al suo fianco, che ne ha raccolto i
palpiti, le emozioni, le gioie di tanti gol fatti e di tante vittorie
conquistate sul campo. Capitan Totti per loro è stato, ed è ancora, l’emblema del
campione fatto in casa e capace di rappresentarli tutti, uno per uno. Tu perché
vieni da Testaccio, da Trastevere, piuttosto che da Monte Mario, o da qualsiasi
altra parte di Roma Capitale, se sei romanista, se nasci con quel chiodo fisso
e fai entrare nell’anima la smisurata passione per i colori giallorossi, allora
in alto ad ogni cosa metti sempre Francesco
Totti, l’unico vero capitano della Roma. Ma questa viscerale passione per
il capitano è stata forse un’arma a doppio taglio per lui, allungando l’agonia della
decisione di smettere. E i tifosi, passionali e mai raziocinanti del tempo
trascorso per il loro capitano, non hanno perdonato a Spalletti di non avere quasi mai fatto giocare Totti – “mortificandolo”-
in panchina. Il tutto, nonostante l’allenatore toscano abbia portato la Roma al
secondo posto in classifica, assicurandogli il diritto di partecipare alla
Champions League senza l’ausilio dei fastidiosissimi preliminari. Ma l’allenatore
toscano ha visto giusto, perché il tempo è trascorso anche per la Leggenda
giallorossa che, nonostante tutto, pur conservando la limpidezza della sua
classe innata, la corsa e la tenuta non potevano essere più garanzia a
beneficio della squadra. Grandi pennellate fatte da fermo, passaggi millimetrici
che sono stati la sua specialità, ma che non sono più sufficienti per il calcio
moderno che è diventato principalmente atletico e con una enuta fisica che si
protrae ininterrottamente per oltre 90 - 95 minuti di gioco . E così la
malinconia è sopraggiunta soprattutto quando Totti, leggendo ciò che aveva
scritto su un foglio di carta prima della partita contro il Genoa, l’ultima
della sua carriera giallorossa, dice :“Il tempo ha deciso”. Già, il tempo ha deciso per lui come decide per tutti i
comuni mortali. Piangono i 60 mila spettatori dell’Olimpico di Roma e si
aggiungono alle lacrime di un Francesco Totti che abbiamo visto nella sua parte
più umana, più fragile nei sentimenti che sono più forti e intensi dell’emozione
di un gol, di un dribbling, di uno stop fatto con quel pallone che è stato il
primo giocattolo che ha voluto fin da piccolo e che gli si è incollato addosso
sulla pelle anche da adulto, assieme a quell’unica maglia numero 10 di una sola
tinta. Emozioni forti che si infiltrano tra le pieghe dell’anima, che
restituiscono all’uomo la sua dimensione più autentica. Sì, perché tu puoi
essere Leggenda, aver vissuto una vita fortunata dal punto di vista
professionale, ma resti sempre l’uomo con il tuo sguardo, le tue lacrime, le tue
fragilità, le tue parole di ringraziamento a mamma, a papà, a tua moglie, ai
figli, a tutti gli affetti più cari, agli amici più vicini che non ti hanno
lasciato mai, neanche nei momenti più difficili della vita. In fondo è la
storia dell’uomo che s’interseca alle mille vicende vissute dal campione, dalla
sua vita vissuta su un campo di calcio a sentire il profumo dell’erba, mentre
hai rincorso quel pallone che è stato il mezzo per farti conoscere, ammirare, farti
voler bene. Affetti reciproci che sono sempre figli di un dare ed un avere che,
comunque, non tutti hanno la fortuna di potere incontrare nella vita. Ma lui,
Francesco Totti, il pupone, il capitano di mille battaglie giallorosse, il
calciatore che ha scritto pagine indelebili del calcio italiano, oggi è lì a
riflettere come una persona qualunque che il tempo è passato via velocemente,
che adesso si gira pagina e si scrive un’altra storia diversa dal passato.
Quale? Nessuno lo sa ancora. Forse neanche lui stesso.
Salvino
Cavallaro