La Dea, prossima avversaria
della Juventus nel penultimo turno di campionato, nonostante la delusione della
sconfitta da parte della Lazio nella finale di Coppa Italia, possiamo definirla
come una squadra che più d’ogni altra gode dei favori del bel gioco,
paragonabile per dinamismo, brillantezza e ordine tattico, alle migliori
compagini inglesi di questo momento. I bergamaschi, infatti, con 65 punti in
classifica occupano il quarto posto a un solo punto dall’Inter. Un obiettivo
intrigante per i giocatori di Gasperini, che accarezzano il sogno di
partecipazione alla Champions 2019/’20. Tuttavia, il cammino in questo
campionato della Dea non è sempre stato così brillante, come da un certo punto
in avanti. Se infatti proviamo a ripercorrere le prestazioni della squadra di
Gasperini fin dall’inizio dell’attuale campionato, ci accorgiamo delle tante
traversie sostenute prima di arrivare a tale livello. L’iniziale esclusione del
Milan in Europa League avrebbe portato la Dea ad accedere direttamente alla
fase a girone, ma dopo che il ricorso presentato dai rossoneri è stato
accettato, ai bergamaschi è toccato disputare in piena estate i turni
preliminari, eliminando il Sarajevo e l’Hapoel Haifa. Nel frattempo è iniziato
l’attuale campionato di Serie A, e l’Atalanta con il 4 a 0 inflitto al
Frosinone, realizza come numero di gol un qualcosa che alla prima giornata di
campionato non si verificava da dieci anni. E intanto continua il percorso
degli orobici in Europa League con il match d’andata contro i danesi del
Copenaghen terminato a reti bianche, ma la squadra di Gasperini sembra decisa a
vendere cara la pelle nello scontro di ritorno. Intanto, la partita di
campionato contro la Roma finisce 3 a 3 e l’Atalanta si avvia subito a
disputare il match di ritorno in Europa League. La partita termina a reti
inviolate e la Dea è costretta a effettuare i tempi supplementari e i calci di
rigore, che la estromettono dalla competizione europea per effetto degli errori
dal dischetto di Papu Gomez e Cornelius. Questa delusione, davvero cocente per
gli orobici, ha subito creato un periodo negativo a livello mentale e fisico,
dovuto anche a una preparazione inaspettatamente anticipata per i fatti prima
citati. E così i nerazzurri di Gasperini perdono in casa contro il Cagliari,
perdono a Ferrara contro la Spal, pareggiano contro il Milan e il Torino e
ripiombano nella sconfitta fuori casa contro la Fiorentina e poi in casa contro
la Sampdoria. A questo punto il cielo sopra lo Stadio Atleti Azzurri d’Italia,
comincia a essere nuvoloso e carico di polemiche.
Che succede dunque a questa
Atalanta così piena di promesse di bel gioco e risultati? Gasperini cerca una
spiegazione a questa improvvisa carenza di gioco e si discolpa nell’asserire
che mai si è sognato di dire che la sua Atalanta potesse arrivare in Europa,
semmai il primo obiettivo sarebbe stato quello di salvarsi. Un classico del
calcio che acclama quando le cose vanno bene e distrugge tutto al primo
insuccesso. Comunque, tra una polemica e l’altra, la Dea e il suo allenatore
s’impongono di non smarrirsi e cercano di riprendere la strada bruscamente
interrotta. Così, all’inizio dell’autunno, gli orobici azzeccano un filotto di
4 vittorie, cominciando con un corposo 5 a 1 a Verona contro il Chievo e
finendo con un bel 4 a 1 casalingo inflitto all’Inter di Spalletti. Segno di
una ritrovata vena e una ripresa che sapeva di orgoglio, ma anche di qualche
ravvedimento tattico effettuato da mister Gasperini. Poi, sul finire del girone
d’andata, l’Atalanta beneficia dell’improvvisa vena di Zapata il quale realizza
gol importanti per il gioco, l’ambiente e la classifica, che dopo 19 giornate la
vede salire all’ottavo posto con l’avanzare del suo cammino in Coppa Italia. Nel
girone di ritorno la squadra mantiene una grande regolarità di risultati,
grazie anche alla crescita di giocatori tecnicamente forti come Ilicic e Papu
Gomez che spalleggiano la forza fisica di Duvan Zapata. La squadra sembra
rifiorita anche sul piano mentale, per il suo essere perfettamente coesa tra
difesa (con il redivivo Masiello e poi Castagne, Djimsiti, Gosens, Mancini,
Palomino e Toloi) centrocampo (con De Roon, Freuler, Pasalic) e attacco. Ma
nulla sarebbero questi giocatori, se non ci fosse la sapiente mano di Gian
Piero Gasperini da Grugliasco, il 60enne allenatore di un’Atalanta cui si sono
ormai sprecati i migliori aggettivi nell’espressione del bel calcio. Certo,
perdere la finale di Coppa Italia brucia molto all’ambiente orobico,
soprattutto in virtù di come è maturata questa sconfitta. Tuttavia, possiamo
tranquillamente dire che questa Atalanta, la quale oggi consideriamo come una
ex provinciale, ci induce a pensare come anche nelle piccole realtà si possa
instaurare l’idea di un calcio ad alti livelli.
Salvino
Cavallaro
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