Non è facile. Chi come me vive in
una Torino che è prima nella conquista di scudetti, ed è sistematicamente
chiamato a scrivere le sorti pallonare di Juventus e Torino, si trova spesso
combattuto nella difficoltà di essere imparziale. E’ vero, la materia pallonara
già così opinabile come sua marcata radice, non aiuta a liberarsi dalle varie
simpatie o antipatie del caso. Ma vivere all’ombra della Mole Antonelliana, in
un contesto calcistico che non fa sconti a nessuno e che storicamente è in continuo
antagonismo, ti mette quasi a disagio. Eppure l’elegante città sabauda , dall’alto
della sua aristocratica signorilità, sembra essere al di sopra di queste cose
che invece mette in evidenza soltanto nei giorni che precedono il derby
cittadino. E allora anche il lento fluire del Po sembra agitarsi tra due sponde
che si dividono in maniera netta, si guardano in cagnesco e mai tentano di
conciliarsi. Tu perché sei juventino e tu perché sei granata. Ognuno con la
propria passione sportiva, con la propria storia, i campionati vinti, le coppe,
i trofei orgogliosamente esposti nelle vetrine dei rispettivi musei e anche le
tragedie che si sono intrecciate in tanti anni di storia. E noi siamo qui per
raccontare le tappe, gli anniversari, ma anche le emozioni di un pallone che fa
parte di una Torino che sa stare in mezzo ai due colori sportivi, senza turbarne
la suscettibilità degli uni e degli altri. “Torino
siamo noi” dicono i tifosi del
Toro, mentre lo stesso rispondono gli appassionati juventini. In fondo,
sostenendo la stessa cosa, si percepisce l’amore per lei, la città piemontese
dei “Bogianen” (si pronuncia
Bugianen) che tradotto in italiano vuol dire “non ti muovere”, un soprannome popolare dato ai piemontesi, che
rispecchia un temperamento caparbio, capace di affrontare le difficoltà con
determinazione. E mentre i “Bogianen”
granata hanno appena festeggiato la ricorrenza dei novant’anni della nascita
del Filadelfia e la sua rinascita che avverrà nella primavera del 2017, i “Bogianen” bianconeri festeggiano i 119
anni della nascita della Vecchia Signora d’Italia. Il 1° Novembre 1897, infatti, nasceva la
Juventus ad opera di alcuni studenti del liceo D’Azeglio di Torino. Tanti anni
sono dunque passati da allora a oggi, con un intermezzo di successi in Italia,
in Europa e nel mondo, con un susseguirsi di grandi presidenti, ma anche di
tragedie, di lutti e di una retrocessione in Serie B. Dopo 5 scudetti
consecutivi, adesso per la Juve si apre la possibilità di entrare nella
leggenda, mettendo il marchio definitivamente indelebile su quella fatidica
frase detta da Boniperti: “Alla Juventus
vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Già, è l’unica cosa
che conta. Ma quest’anno bisogna cambiare registro almeno nel gioco, perché così
facendo se si pensa ad un eventuale quarto di finale di Champions League o a
una semifinale contro determinate squadre, è pensiero comune che la Juve debba
ancora fare dei grandi passi in avanti; (Buffon dixit). E intanto la storia del
calcio torinese continua con i suoi se e i suoi ma, nonostante il suo status
economico e sociale non sia più florido come qualche anno fa, ma sempre in
grado di evidenziare quella voglia di antagonismo pallonaro che resta pur
sempre il sale della città della Mole. Sì, perché il suo sorvegliare continuo dall’alto
della sua imponenza, manifesta sempre l’accuratezza di essere
imparziale.
Salvino
Cavallaro
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